Portfolio fotografico. Una parola che fa accapponare la pelle a molti fotografi in erba, che con questo oggetto misterioso, e a tratti spaventoso, non ci hanno mai avuto troppo a che fare.
Eppure in tempi moderni il suo coinvolgimento nelle implicazioni di natura professionale ha assunto un valore quasi inestimabile, diventando, con grande sorpresa, uno degli elementi fondanti per la valorizzazione, o deprezzamento, di un progetto fotografico.
Puoi essere bravo a scattare fotografie, ma se non sei poi in grado di saperle mostrare al tuo pubblico, perdi in partenza, facendo diventare il tuo lavoro molto meno prezioso di quanto sia in realtà.
Ci passiamo tutti da questa fase. L’idea di sistemare ed ottimizzare il progetto appena portato a termine ci annoia, e come accade spesso in molte faccende umane, rimandiamo all’infinito il momento in cui completare anche questo ultimo passo del nostro percorso autoriale.
Ci riesce molto bene la prima fase: realizziamo un numero sconsiderato di immagini, le immagazziniamo nei nostri hardisk e poi, successivamente, le mostriamo ai nostri amici e parenti, durante le occasioni mondane, in una forma che definire triviale è un complimento, rendendoci conto che però qualcosa non va. Non riceviamo il giusto riscontro critico. Abbiamo bisogno di altro, ma ci spaventa sapere come poterlo ottenere.
Perché nella nostra mente, già abbastanza confusa, dover pensare di scegliere tra una foto e un’altra, saperla inserire all’interno di un contenitore e poi giostrarsi tra i festival e le letture disponibili nel nostro paese, per avere l’occasione di mostrare il nostro lavoro e prendersi, a ragione, una “schiaffone” in faccia, per una superficiale presentazione, sembra un’impresa ardua, paragonabile ad una fatica di Hercules.
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