Quando guardiamo una fotografia rischiamo di essere tremendamente noiosi. Come in una discussione avviata tra due sconosciuti incontratosi, per caso, ad una festa di un amico in comune, ci perdiamo presto nel sottile confine del fotografato, girando in tondo alle stesse dinamiche e facendo affidamento sulle solite frasi di circostanza.
Un “come stai” si trasforma in un osservare, con indifferenza, forme e colori, un “cosa fai nella vita” in un traballante tentativo di capire cosa l’autore abbia provato a comunicarci, senza però impegnarci per davvero.
Fotografie e sconosciuti continueranno così a rimanerci ignoti e al rientro a casa, dopo una sbornia bella e buona, fatta di alcool od immagini, addirittura insignificanti: questa, per molti, è la prassi comune, il modo in cui ci affacciamo al variegato universo della fotografia.
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