Nell'ultimo periodo abbiamo assistito, grazie ai Social Networks e ad una maggior consapevolezza degli strumenti a nostra disposizione, ad un'esplosione sconsiderata di immagini di strada pubblicate online.
Al giorno d'oggi è innegabile che questo genere fotografico, quello della Street Photography, sia diventato parte integrante del nostro modo di vivere e di conoscere lo spazio che ci circonda.
Fotografiamo con il nostro smartphone. Collezioniamo istanti, momenti della nostra quotidianità, per poi condividerli successivamente sulle nostre vetrine digitali ed accogliere così consigli, commenti e scambi di opinione con perfetti sconosciuti.
Tutti, anche quelli che di fotografia non ne hanno mai studiato le basi, hanno iniziato ad avventurarsi nell'infinito e variegato universo della fotografia di strada, scoprendone, grazie alla sua natura diretta, un modo per parlare di se e dell'umanità intera.
Ora. Trovo meravigliosa questa cosa. Finalmente il genere per cui abbiamo combattuto così tanto si sta diffondendo a macchia d'olio, entrando nelle case di chi cercava, fin dall'inizio, un approccio più semplice e sincero per tradurre visivamente quello che a parole veniva più difficile esprimere.
Più fotografie e più interpreti dell'immagine. Il movimento si è messo all'opera ed avere a disposizione, direttamente nelle nostre mani, più visioni sul mondo, non è altro che un ulteriore stimolo a ricalcolare le nostre posizioni e a metterci costantemente in discussione - come ci ricorda anche Michele Smargiassi, in un suo meraviglioso pezzo sul Fotocrate.
Tutto molto bello, ma qualcosa, per chi naviga da anni nelle acque della fotografia di strada, è evidentemente cambiato e il perseguimento di quell'unica regola da sempre esistente nel settore, quella rimanere coerenti e credibili con il proprio lavoro, sta pericolosamente cadendo nel dimenticatoio.
E proprio su quest'ultimo punto vorrei soffermarmi oggi con te.
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