Civis Mundi. Due parole significative, che i latini utilizzavo per definire la loro appartenenza al mondo e non al singolo luogo di provenienza.
Due parole che nel progetto di vita di Fabrizio Bonifazi si sono trasformate in un enorme atlante umano: un puzzle insoluto, in cui ogni manifestazione di vita, e di morte, viene congelata in un unico istante.
Un progetto quasi infinito, iniziato per caso, e di difficile conclusione, ma non per questo privo di significato.
Fabrizio mi racconta che tutto nasce dalla sua voglia di voler mostrare, tramite la fotografia, la sua visione della città, la stessa che ogni giorno lo accoglie senza chiedergli nulla in cambio.
Una forma di tributo per colei che gli permette di poter godere, in solitaria, o in compagnia, di attimi di eccezionale frivolezza, ma anche la ragione di innumerevoli sfuriate, contro una società che troppe volte si ammutolisce di fronte alle ingiustizie.
Civis, l’essere cittadino, e Mundi, lo spazio in cui abitiamo: due entità che vengono fuse in una serie di fotografie che non ambiscono a dirci niente di eccezionale, se non a ricordarci quanto siamo fortunati a vivere in un mondo così vario ed indulgente.
Fabrizio vaga per diverse mete e cattura quello che lo incuriosisce. Inizia da Roma, la sua città di origine, fino a toccare l’estremo opposto, il Giappone, la terra del mistero e del sushi a caro prezzo.
Nella sua idea di fotografia non c’è niente che non meriti di essere fotografato. Nelle sue immagini vediamo infatti il susseguirsi di frammenti emblematici di vita che si manifestano in tutta la loro bellezza ed energia.
Non c’è il “soggetto giusto” e neanche il giusto modo di fotografarlo. In Civis Mundi il collante è l’uomo, e in parte il bianco e nero, che per Fabrizio rappresenta la soluzione più equilibrata per tenere incollato lo spettatore sulla scena.
Ogni attimo è importante, ma viviamo nella costante ricerca di qualcosa, dimenticandoci di vivere il momento
— Fabrizio Bonifazi
La necessità di fermarsi e di porre fine a tutta questa velocità che ci opprime e ci spinge, involontariamente, a distrarci, e a non assaporare del tutto dei momenti della nostra esistenza, è alla base della sua ricerca.
La vita, senza esperienze, senza il viaggio e senza le relazioni umane non merita di essere vissuta.
Civis Mundi è un progetto infinito. Fabrizio ne è consapevole. Ma per lui non è un problema. Non ha la minima intenzione di fermarsi ora.
Ne voleva parlare e voleva che qualcuno lo ascoltasse. Perché oggi ogni voce ha un suo valore e allora perché non provarci? La fotografia ci aiuta. Internet ci lusinga. E in questi giorni di ordinaria follia, immergersi nella vita non può che essere un contraccettivo alla tristezza.
Il suo progetto è in lavorazione e speriamo di poterlo vedere il prima possibile dal vivo, magari in una mostra o in una monografia specifica.