Per anni si è discusso e dibattuto sulla veridicità e sul potere del “Momento Decisivo” di Henri Cartier-Bresson, il mantra del più importante fotografo del XX Secolo. Ma come e quando è nato questo mito che ha rivoluzionato il mondo della fotografia creando una vera e propria setta di adoratori?
L’images à la sauvette: l’incipit dell’ascesa al “potere” di Bresson
Gli ultimi mesi li ho passati studiando ed approfondendo la storia di Henri Cartier-Bresson. Ero rimasto affascinato già in passato dalle sue immagini, ma ero ancor di più rimasto incuriosito dalla sua storia e dalla sua profondità d’animo, fattori che gli hanno consentito di vivere una vita piena di avventure e conoscenze illustri.
C’era però soprattutto un interrogativo che era rimasto da sempre insoddisfatto e che ritornava spesso a tormentarmi durante le mie giornate: “Ma quando diavolo è nato questo mito del “Momento Decisivo”? Se ne parla così tanto da averlo trasformato in una divinità onnisciente che controlla, punisce e mette alla prova tutti i fotografi di strada che attraversano le città per catturare le loro immagini — magari vi sta osservando anche ora mentre leggete, state attenti!
In realtà l’interrogativo trova subito risposta, essendo parte integrante della storia gloriosa di quest’uomo. Bresson, al seguito del suo enorme successo, viene convinto a pubblicare e raccogliere, agli inizi degli anni ’50, tutte le sue migliori fotografie in un volume. L’editore di quel periodo gli consiglia di realizzare una piccola parte scritta, una prefazione che avrebbe sottolineato ancor di più il valore delle sue fotografie impreziosendole con le parole dello stesso fotografo.
Bresson non amava parlare di fotografia, anzi, lo odiava profondamente, essendo per lui un modo becero ed insignificante per oltrepassare la cosa più importante: guardare ed osservare silenziosamente quegli istanti di vita.
L’editore riuscì però alla fine a convincerlo, strappandogli le parole di bocca grazie all’aiuto di un’assistente. Chi l’avrebbe mai detto che in una sola settimana, in quel salotto della casa del fotografo più influente del momento, sarebbe nata una vera e propria religione?
Il mito del “Momento Decisivo” prende vita
In quel salotto il lavoro di Marguerite Lang, assistente dell’editore Tériade, fu esemplare. In pochi giorni riuscì a racimolare una serie di aneddoti, pensieri e critiche sulla fotografia di Bresson. C’era davvero di tutto: dalla sua idea sul colore, fino al suo modo personale di concepire la fotografia giornalistica. In quella prefazione pregna di significato, denominata Images à la Sauvette, si cita anche il famoso “Momento Decisivo”, un costrutto che però non parte direttamente dalle corde vocali del fotografo.
Non c’è niente al mondo che non abbia un istante decisivo — Cardinale de Retz
Poche parole, slegate dal loro contesto, che hanno dato il via a tutto, costruendoci sopra una religione fotografica che ancora oggi fa parlare di sé. Il fotografo le aveva lette causalmente in un giornale, rimanendone piacevolmente colpito per la loro memorabilità.
La scelta di aggiungerle al proprio testo fu consequenziale, quasi innocente. Da lì si sono susseguite altre importanti vicende, soprattutto una fondamentale: la scelta da parte degli editori americani di tradurre il titolo della monografia in “L’istante decisivo” — più poetico ed impreciso rispetto al titolo originale.
Fatta la frittata Bresson accettò, inconsapevolmente, di starsi tatuando addosso un’etichetta che per fortuna o sfortuna, dipende dai punti di vista, lo farà diventare famosissimo soprattutto in America ed in Europa. Henri Cartier-Bresson diventerà il baluardo del “Momento Decisivo” da quel momento in poi.
Nel bene o nel male la sua scelta instaurò un nuovo legame nei confronto della fotografia, facendola annoverare tra le arti più struggenti del XX Secolo. Il resto della storia la conosciamo benissimo.