Abbiamo avuto un pò tutti, nella nostra vita, dei libri letti per curiosità o per sentito dire.
Sono libri, nella stragrande maggioranza dei casi, ignoti, totalmente sconosciuti, che trattano argomenti a noi lontani e a cui difficilmente ci saremmo avvicinati, se non avessimo letto altrove della loro esistenza.
“Lo zen e il tiro con l’arco” di Eugen Herrigel rientra perfettamente tra questi.
Il nome non ti sarà nuovo: è il libro che Henri Cartier-Bresson amava citare, quando parlava del suo stile e della sua visione delle cose.
Un libro che con la fotografia c’entra davvero poco, o almeno solo in apparenza, tanto che leggendolo mi sono chiesto più volte cosa ci trovasse, o il perché lo consigliasse, a tutti coloro che volevano fare della fotografia il loro mestiere, il loro scopo ultimo nella vita.
Ti posso dire immediatamente che comprenderlo, alla prima lettura, è complicato, soprattutto se non sei abituato a temi come quelli dello spirito e dell’animo, ma ti posso altresì giurare, che alla fine della lettura, ti ritroverai cambiato, nel profondo.
Eugen è un professore che di punto in bianco ha deciso di rivoluzionare la sua vita. Va in Giappone, insieme alla moglie, ed inizia un percorso nell’apprendimento del tiro con l’arco: una disciplina con una storia pazzesca e con una quantità di correnti da perderne il conto.
Come capita spesso nelle discipline orientali, il viaggio non è semplice: Eugen cade più volte sotto i crudi colpi del suo maestro, che lo incita a lasciarsi andare, a fare in modo che la freccia parta da sola e non sia lui stesso a scagliarla sul bersaglio.
Totale abbandono del proprio IO. Un concetto che a Bresson era molto caro e che propugnava come la chiave per rendere la fotografia una delle vie per capire la vita e viverla fino in fondo.
Ecco, forse quello che rende davvero straordinario questo libretto, è il suo stesso protagonista, Eugen, uno come noi, un professore legato alla matematicità delle cose e che si ritrova a vivere improvvisamente sperduto in un luogo ameno, lontano dalle comodità occidentali e bersaglio dell’inadeguatezza del suo spirito.
L’arco è solo uno strumento, come la nostra fotocamera, di morte o di salvezza, sorretto dai muscoli ma stimolato da una forza invisibile ed inesplicabile. Eugen lo capisce solo alla fine, dopo anni e anni di allenamento, nel momento in cui il suo addestramento era ormai giunto alla sua naturale conclusione.
Un concetto che se ci pensi può essere anche trasposto nella nostra esperienza da fotografi. Partiamo tutti con la convinzione e l’entusiasmo che sia lo strumento a definirci, a renderci tali, per poi scoprire alla fine che questo è solo l’ennesimo inganno della nostra mente.
Ma allora, quale delle due forze, la ragione o lo spirito, ci muova davvero nel momento della realizzazione delle nostre immagini? Una risposta che puoi darti solo tu e che questo volume ti spinge a trovare.
Un libro che ti consiglio e che se pur trattando un argomento distante dalla nostra quotidianità, ti stravolge, e ti permette di poter aprire la mente, e lo spirito, a questioni prima mai prese in considerazione.
Ora devo scappare, si è fatto tardi. Spero darai una possibilità a Lo zen e il tiro con l’arco.
A presto e buona lettura.
Solo lo spirito è presente, una sorta di vigilanza che non presenta affatto la sfumatura dell’io stesso, e perciò penetra tanto più liberamente in tutte le lontananze e le profondità << con occhi che odono e con orecchi che vedono.>>>
~ Eugen Herrigel