Ho letto tanto su Erik Kessels, sulla sua vita e sulle sue opere e posso dirti solo una cosa: è un vero e proprio folle. Ad oggi sono davvero pochi i personaggi come lui, nel mondo della fotografia contemporanea, ad essere riusciti a ribaltare completamente gli schemi visivi vigenti.
Una cosa non da poco se ci pensi. Siamo abituati a vedere un numero indefinibile di fotografie o di progetti, ma pochi di questi riescono a spiccare, senza l’aiutino da casa, nella moltitudine di operazioni artistiche imbastite da amatori o presunti professionisti.
La strada percorsa dal fotografo olandese è stata molto diversa da quella degli altri, per certi aspetti anche più complicata. Ha quasi subito messo da parte la sua fotocamera, per dedicarsi allo studio della fotografia e alla creazione di libri d’autore basati sullo sfruttamento di materiale di archivio o di visioni anticonvenzionali della realtà.
Potremmo interpretarla come una sorta di fotografia 3.0 che passa soprattutto dall’archivio, dal già prodotto, per raggiungere il cuore di un sistema sociale ed antropologico oggi poco discusso. In definitiva, una vera e propria follia.
Eppure molti ancora oggi non lo conoscono o fanno finta di non averlo mai visto. E posso pure capirli: il suo modo di approcciarsi all’arte fotografica ha fatto innervosire nel tempo alcuni grandi luminari del genere, tanto da fargli conquistare il titolo di depistatore della vera fotografia o di diavolo a tre teste.
Per quanto possa essere spaventoso, o molto divertente, immaginarsi una creatura del genere che monta su una mostra e che impartisce ordini ai suoi collaboratori, sta di fatto che oggi lui è uno tra gli artisti e art director più richiesti sul mercato. Il suo modo di fare fotografia e di costruire esposizioni, pur essendo in parte criticato, piace davvero tanto, ed è questo che conta.
Io lo adoro — ma penso tu lo abbia già capito — e alla fine della lettura del suo libriccino “Failed it” (a proposito, te ne parlo qui) non ho potuto resistere nel non prendere in mano il mio santo taccuino e scriverci sopra almeno tre dei punti fondamentali della sua idea di fotografia.
Te li ho raccolti qui sotto, in modo tale che anche tu possa cogliere l’importanza di cambiare il tuo punto di vista e possa iniziare ad amare, almeno un pochino, il lavoro di questo straordinario autore.
Erik Kessels e la sua idea di fotografia
Potrei stare ore e ore a parlarti di Erik Kessels ma poi non avresti il tempo per poter realizzare i tuoi progetti o per poterti indignare nei commenti per l’ennesimo articolo di dubbia qualità. Così cercherò di essere veloce e conciso, come piace a Erik quando si parla di fotografia contemporanea o di creatività. Queste sono le sue tre grandi verità sul mondo della fotografia.
1. Sfrutta il fallimento come motore del tuo lavoro
Penso tu conosca già molto bene la storia delle Rayographs di Man Ray. Il noto artista della corrente dadaista ha dato vita, per sbaglio, ad un modo semplicissimo, ma molto efficace, di produrre delle opere attraverso l’uso scorretto del metodo di esposizione della carta sensibile. Un errore talmente vincente da averlo fatto diventare una vera e propria modalità di creazione artistica oggi imitata e scimmiottata a più non posso.
Ed è proprio da qui che vuole partire Erik Kessels con il suo discorso sulla fotografia: il fallimento, lo sbaglio, non devono essere per noi motivo di vergogna, ma dei motori positivi per il nostro lavoro e per la nostra ricerca.
Chi sperimenta e chi mette le mani in pasta sa bene che l’errore è sempre dietro l’angolo ed è proprio attraverso l’incontro con il nostro lato oscuro, con la parte più insicura di noi stessi, che può nascere la base di un lavoro a lungo termine.
Impariamo a sbagliare e ad accettare gli errori. Perché se non abbiamo il coraggio di farlo non diventeremo mai dei grandi fotografi. Erik lo sa bene e i suoi lavori ne sono un limpido esempio.
2. La perfezione rende noiosi
Quante ore spendiamo al giorno dietro ai software per il fotoritocco o dietro la costruzione di un set cinematografico per una semplice fotografia ad un pomodoro? Credo fin troppe.
Erik Kessels ne ha viste tante da curatore di mostre e ci svela che molti dei lavori nel campo contemporaneo, quelli più efficaci o graditi dal pubblico, nascono dalla semplicità e dalla scelta di una visione diretta, atipica e comprensibile della realtà circostante.
L’uso di inquadrature perfette o di soggetti splendidamente vestiti, tipici magari di una fotografia staged o di moda, alla lunga può annoiare, facendoci sembrare la fotografia come un eterno catalogo dell’Ikea dove la cosa più divertente sono i nomi scelti per indicare il tipo di prodotto o la provenienza geografica — che tristezza.
Erik ci consiglia di variare, di sprigionare la nostra creatività e provare a realizzare le nostre immagini da punti di vista inusitati. Anche qui l’errore, visto magari in un taglio sbagliato o nell’utilizzo del flash in maniera poco ortodossa, può aiutarci a delineare una visione della realtà davvero unica.
Scampiamo definitivamente da tutti quei perfezionismi che ci fanno sembrare degli scienziati di laboratorio ed iniziamo a prendere in esame temi, oggetti e soggetti che normalmente vengono rifiutati dai grandi professionisti perché ritenuti poco interessanti o “sbagliati”.
Non avere paura di metterti in gioco. Il bello della creazione di un qualcosa è nel processo che ti porta a concluderla e in tutti quei passaggi che la rendono grandiosa.
3. Riutilizza il materiale già esistente. Non produrre sempre e solo immagini.
Ultima grande verità che farà cadere qualcuno dalla sedia per lo sgomento è che si può dar vita ad un prodotto fotografico senza dover per forza scattare delle fotografie. Lo so, ti sembrerà una cosa assurda, eppure oggi molti dei lavori di natura contemporanea nascono dal riutilizzo di materiale già esistente visto attraverso una chiave narrativa ed estetica ben precisa.
Ne abbiamo già parlato quando ti ho citato il caso di Michael Wolf, ma vale anche per tanti altri casi sviluppatosi in questi ultimi anni.
Erik Kessels ci consiglia di rovistare tra gli archivi di famiglia o di acquistare ai mercatini quelli di perfetti sconosciuti. Esistono al mondo un numero sconsiderato di fotografie che non hanno potuto realizzarsi nella vita perché rimaste sempre chiuse in un armadio o perché utilizzate come meri raccordi temporali con il passato.
Ridargli un significato, anche lontano da quello di partenza, può essere un modo per far uso di storie e di momenti che altrimenti sarebbero andati perduti per sempre; ma non solo questo, è anche un modo di analizzare tutti quei modelli visivi e culturali che hanno caratterizzato nel tempo il nostro rapporto con la realtà e con il mezzo fotografico.
Una fotografia più intellettuale ed aperta a diversi campi. Una fotografia che non dipende più solo dallo strumento ma che è strettamente legata alle esperienze visive ed artistiche dei suoi creatori e della coscienza umana mondiale. Che poi non si dica che noi fotografi siamo solo bravi a premere un bottone!
Chi è Erik Kessels?
Erik Kessels è un artista, designer e curatore d’arte olandese. Nutre un particolare passione nei confronti della fotografia ed è il direttore artistico di KesselsKramer. Puoi visitare il suo sito web qui.