Non è mai facile parlare di un autore come Sebastiao Salgado. Il suo lavoro, pur essendo stato elaborato in gran parte tanti anni fa, è ancora tutt’oggi un punto di riferimento nel mondo della fotografia mondiale.
Sono infatti tantissimi i suoi scatti entrati alla storia per l’intensità emotiva che riescono a sprigionare ma, uno in particolare, è perfettamente inserito in quella sfera mediatica a metà tra spettacolarità e documentazione pura. Stiamo parlando del suo scatto al pozzo petrolifero di Burhan, Kuwait (1991).
L’apocalisse negli occhi di Sebastiao Salgado
Da circa 30 giorni era finita la Guerra del Golfo, un conflitto che aveva portato alla distruzione di circa 600 pozzi petroliferi, da parte dei soldati iracheni, e alla morte di un migliaio di persone tra civili e truppe militari.
Salgado, in quello stesso periodo, si trovava in Italia in seguito ad un lavoro sulle tonnare commissionato dal New York Times.
Pur stando attento a portare a termine quel reportage che successivamente darà vita ad altri progetti, il fotografo brasiliano, percepì la gravità dell’evento che si stava svolgendo nel Medio Oriente. Così, grazie ai suoi contatti con i giornali, partì insieme alle squadre di tecnici incaricati di spegnere gli spaventosi incendi in quella zona.
Salgado aveva visto già qualche immagine di quel disastro ma, al suo arrivo in quella terra, rimase paralizzato dal sublime spettacolo che gli si pose davanti. Era come se l’apocalisse stesse prendendo piede in quel preciso momento.
Sono arrivato in Kuwait dopo la guerra del Golfo, nel momento in cui il petrolio dei pozzi bruciava nell’aria e non smetteva di sgorgare. E ho vissuto l’apocalisse; ho visto il simbolo nero dell’umanità.
– Sebastiao Salgado
Le immagini che ne vennero fuori colpirono tutti (si parla di circa 200 rullini) e misero in evidenza il coraggio dei reparti specializzati in preda ad una lotta titanica contro il vero inferno.
In quest’immagine in particolare, l’unico soggetto umano, viene contrapposto alla potenza della natura in uno scontro che sembra potersi risolvere solo attraverso un vero e proprio miracolo. Una visione quasi dantesca, una visione che non dimenticherà mai Salgado in tutta la sua vita.