Chissà come appare il mondo attraverso una macchina fotografica giocattolo. Guardare la realtà da un mirino costruito volontariamente male, mentre si gira, con scioltezza, la piccola ghiera di un obiettivo super plasticoso, deve essere un'esperienza al limite del reale, di quelle che ti fanno sorridere senza motivo.
Mi sarebbe piaciuto un sacco provare una cosa simile. Non ho mai avuto modo di poter sperimentare, nel mio percorso, con una macchina giocattolo (con qualche obiettivo si, ma non è la stessa cosa). Ho saltato olimpionicamente quella fase per gettarmi diretto sulle Reflex analogiche e sulle compatte digitali; stupidamente, credendo che la fotografia dovesse essere uno strumento preciso, fatto solo per catturare la verità. E forse è stata proprio quest'idea a tenermi lontano da loro.
Ho ripensato a questa piccola parentesi del mio percorso guardando le fotografie di Nancy Rexroth; nello specifico, quelle che fanno parte del progetto IOWA.
IOWA è un lavoro totalmente realizzato con una macchina giocattolo Diana. Il modello di cui ti parlo è una fotocamera analogica, molto economico per l'epoca (anni '60) e fortemente afflitto da infiltrazioni di luce, messa a fuoco imprecisa e problemi di avanzamento della pellicola. In breve, un oggetto - quasi - indomabile.
Nancy fu tra le poche fotografe in grado di addomesticare la Diana (o forse fu il contrario?), riuscendo a produrre un libro fotografico osannato dalla critica dell'epoca - la definiscono una pioniera della fotografia fine art - e venerato da molti fotografi contemporanei (tra tutti, Alec Soth, a cui ha dedicato un testo).
Una macchina giocattolo che ribalta le concezioni moderne di fotografia. Lo crederesti possibile? Ero dubbioso anche io della cosa, poi ho scoperto il motivo del successo di IOWA, e ho capito tutto. Di seguito, il racconto del lavoro.
IOWA: dove tutto ebbe inizio
IOWA, più che un luogo, è uno stato mentale.
Non ci vuole molto a cascare dentro le atmosfere incorporee di questa città immaginaria. Le sue immagini fuligginose ed imprecise sono dei sogni ad occhi aperti, paesaggi interiori guidati interamente dalle emozioni e una fotocamera Diana giocattolo: un portale sull'invisibile che si manifesta solo in rare occasioni.
Quando Nancy Rexroth inizia a lavorare ad IOWA, si trova nel pieno di un corso di specializzazione all'Università dell'Ohio. Ha 28 anni. Ama la fotografia, in tutte le sue forme, ma mal sopporta la piega troppo tecnica che il suo corso - come tanti dell'epoca in America - le impone giornalmente di seguire. E come dargli torto. Conoscere come funziona il sistema zonale di Adams è importante, tuttavia seguire per ore sfilze di numeri e schemi sulla lavagna può diventare alla lunga «veramente frustrante e noioso», soprattutto se hai dentro un fuoco inestinguibile.
«Con la Diana mi sono subito sentita libera» dice Nancy, in un'intervista rilasciata al Blog di Black Andrews. «Prima di lei, ero abituata a produrre immagini molto precise, dall'alta risoluzione; con la Diana, invece, ho sentito immediatamente di potermi concentrare su altro. E questa cosa mi piaceva tanto».
Nancy scopre proprio in quelle aule noiosissime dell'Università dell'Ohio le macchine fotografiche giocattolo. Non ne aveva mai vista una utilizzata per fini artistici; men che meno una Diana, che nelle mani del suo professore di fotografia, lo stesso del sistema zonale, sembrava poter regalare delle strane e forti emozioni.
E qui che Nancy, affascinata dal mezzo, decide di acquistarne una (Diana), per sperimentare fino a che punto quel giocattolo si sarebbe potuto spingere.
Mentre fotografavo, sembrava che fossi sveglia e sognassi allo stesso tempo. Questo collegamento era un fatto reale, una sensazione perpetua - Nancy Rexroth
IOWA parte così per puro caso.
Nancy inizia a fotografare con la sua Diana nei pressi delle cittadine di Pomeroy, Coolville, Gallipolis e Shade, in Ohio. Sono zone abbastanza isolate, quelle; c'è poca gente, diverse case, ma l'atmosfera è intrigante. Nancy non ha minimamente idea di cosa voglia ottenere con la sua Diana. Sa solo che è ammaliata da come la fotocamera trasformi la realtà in un sogno ad occhi aperti. Basta questo, a lei.
La prima immagine che avvia ufficialmente il progetto è quella di un letto, candidamente rimboccato, di una donna a noi sconosciuta. A parole, sembrerebbe essere un'immagine dalla semplicità disarmante. Walker Evans ne ha scattate tante così, durante i suoi pellegrinaggi in giro per l'America. Eppure è sufficiente un solo sguardo rivolto a quella fotografia per capire il perché sia così speciale.
Eccola qui, in tutta la sua straordinaria, ed ambigua, bellezza.
Lenzuola di un bianco accecante rifulgono di luce propria, mentre un quadro posto all'estremità dell'inquadratura, proprio sopra la testiera del letto, sembra volerci ammiccare ad un segreto che rimarrà insoluto nei secoli. La stanza è vuota, priva di vita. Pochi elementi sono distinguibili dal resto. Le tenebre ricoprono quasi ogni centimetro dell'ambiente, rendendolo misterioso: un ricordo sfocato nell'etere.
La Diana tramuta tutto in un'accozzaglia di forme, sfocature, sovraesposizioni e vignettatura. L'imprecisione della messa a fuoco che caratterizza questo prodotto economicissimo nel prezzo e nelle caratteristiche (all'epoca costava un dollaro e cinquanta) non fa che accentuare l'idea di un viaggio dentro la mente dell'autrice.
Guardando le fotografie di IOWA veniamo trasportati nei ricordi distorti di una donna (o alieno?) che guarda la realtà aspettandosi da essa di ricevere qualche labile informazione. In un batter di ciglia, ci ritroviamo ora di fronte al volto sorridente di un anziano signore, ora davanti un palazzo che vibra nell'aria. Il filo conduttore dell'intero racconto è l'inconscio mentale di Nancy Rexroth, frammentariamente ricomposto in una selva nostalgica e piena di stimoli visivi.
Nancy si lascia ammansire dalle sensazioni che le dà lo scattare una fotografia privata di qualsiasi costrizione o tecnicismo. Tale gioia la riscontriamo in ogni frangente di questo viaggio. Non c'è una singola immagine tecnicamente perfetta, eppure facciamo fatica a resistere a quel desiderio di sbirciarci dentro un altro pò.
IOWA è un rebus a cielo aperto e noi improbabili investigatori chiamati a svelarne i misteri. Chi sono quei volti inquadrati? Cosa voleva dirci la fotografa con quel branco di galline (si, ci sono anche loro)? E, soprattutto, dove diavolo è l'Iowa?
IOWA: uno stato mentale
L'Iowa, in tutto ciò, non esiste o, almeno, non esiste fisicamente nel libro.
Nancy Rexroth chiama così questo suo pellegrinaggio nelle lande desolate dell'Ohio perché le ricorda i luoghi visti durante le sue estati passate in famiglia nell'Iowa: un luogo caldo, piatto e pulito, che solo la Diana riusciva a riecheggiare.
Il titolo del progetto arriva infatti dopo, in fase di editing del lavoro. Durante tutto l'arco della produzione delle fotografie, Nancy non aveva minimamente pensato alla produzione di un libro, men che meno di star inseguendo coscientemente "un tema o un soggetto preciso". Fotografava di istinto, spinta solo dalle sue emozioni.
Ce lo conferma, lei stessa, in alcune interviste. In molte di queste, cita una frase che oserei dire essere emblematica, se non bellissima: «con la Diana ho scoperto che l'Iowa poteva essere ovunque, per me...Iowa era uno stato d'animo, un luogo fisso nella mia mente». Una considerazione che ci stravolge, a leggerla, soprattutto se pensiamo al periodo storico in cui è stata detta: gli anni '70, l'epoca dei grandi racconti immersi nella realtà e pregni di informazioni, come dire, "verificabili".
Pensare ad un lavoro che già dal titolo ci mente spudoratamente (passami questo concetto), e che non ci offre un appiglio sicuro alla realtà, ci potrebbe far storcere il naso. Qualcuno direbbe, «che bella presa in giro!». E lo capisco pure. Quelli sono gli anni del grande fotogiornalismo, di una fotografia precisa e senza giri di parole. Perché mai dovremmo interessarci ad un luogo inesistente e privo di risposte?
IOWA dissimula la realtà, e lo fa coscientemente. Ho adorato questa cosa. Con pochissimi dettagli, ci ricorda che la fotografia può riguardare cose realmente tangibili, si, ma anche tante altre che esistono, e continuano a vivere, solo dentro di noi. Tale considerazione era già rivoluzionaria per l'epoca, pensa ai giorni nostri.
Proiettare le nostre emozioni e i nostri ricordi nelle immagini è una cosa che dovrebbe venirci spontanea. Eppure, se guardo ai modelli visivi contemporanei, che ci impongono di seguire la moda per rimanere visibili nell'infosfera, non vedo altro che omologazione, una sempre più reticenza alla sperimentazione e al voler rendere la propria fotografia un canale che mischi personale ed universale, nell'intento di essere testimonianza delle persone che siamo e dei tempi che sono.
Molto probabilmente, raccontare quella parte dell'Ohio senza l'ausilio di una Diana (e senza l'anima da sperimentatrice di Nancy, tanto legata alla camera oscura e all'uso di pellicole "inconsuete") non avrebbe avuto lo stesso impatto. Sarebbe stata l'ennesima fotografia da documento. Priva di energia, di storia.
E qui che sta il vero fulcro del lavoro.
Quell'IOWA che vediamo impresso in questi fotogrammi esiste e non esiste. È imperfetto, come ogni ricordo dei luoghi legati alla nostra infanzia infarciti di fatti realmente accaduti e di cose che abbiamo solo immaginato. Questo mischiarsi continuo tra verità e menzogna, tra persone passate e adulti che verranno, non fa altro che tessere le trame di una storia travolgente, che ci disorienta, ci ammalia.
Un racconto quasi sinestetico, che coinvolge la vista, ma anche tutti gli altri sensi.
La scelta di trasformare la realtà e piegarla ai voleri di un oggetto inanimato ed indisciplinato, come una macchina giocattolo, è stata folle. Fuori misura. A me non sarebbe mai venuta in mente! Nonostante ciò, quella follia ha reso questo lavoro quello che è: un grande resoconto immaginario di un paese realmente esistito.
Per Nancy Rexroth l'IOWA è questo, e a noi, dopo tutto, va bene così.
Una fotografia non deve necessariamente riguardare il soggetto in questione. Può essere fatta anche di cose intangibili, di emozioni indescrivibili - Nancy Rexroth
IOWA: un successo editoriale
Non credo di doverti dire altro, se non che IOWA è un progetto affascinante.
Tanti fotografi ed editori dell'epoca ne rimasero estasiati. Si può dire che fece da apripista a tante narrazioni, fuori di testa ed intimistiche, oggi molto conosciute.
Il libro fu autoprodotto nel '77 (poi ristampato nel 2017, con altre aggiunte) e scosse violentemente il mercato. Aperture - nota rivista del settore - ne pubblicò una selezione in un editoriale dal nome "The Snapshot" (in cui comparirono anche pesi massimi come Garry Winogrand, Lee Friedlander e Robert Frank). Lo Smithsonian Art Museum, addirittura, ne fece una mostra.
Il successo di tale operazione editoriale fu riconducibile a due note particolari: l'uso di una macchina giocattolo e l'intensità di un immaginario visivo che aveva il coraggio di prendersi l'attenzione degli spettatori; non tramite cose concrete, reali, vere, ma attraverso dettagli e frammenti a cui, molti di noi, avrebbero dato le spalle. Uno sguardo femminile, rivoluzionario, che guarda il mondo con curiosità.
Vedere oggi queste immagini, sul mio schermo, fa sorridere. Otteniamo risultati simili con i filtri digitali dei nostri Smartphone o Mirrorless. Quella fase ludica di sperimentazione con gli strumenti sembra essere oggi delegata ad oggetti che sono tecnicamente perfetti. L'errore, per certi versi, non è più contemplato.
Tale pensiero non fa che riconfermare l'importanza di IOWA, e di alcuni messaggi che si porta appresso: non c'è strumento che tenga, né regola aurea, se non abbiamo niente da dire; è il contenuto, e il processo creativo, a definire la bontà di un'immagine; le macchine fotografiche non sono solo oggetti, ma alleati da capire.
La Diana di Nancy Rexroth era la cosa più sbagliata di questo mondo, eppure fu proprio questa sua natura indomabile a permettere la buona riuscita del progetto.
A volte, sembra dirci IOWA, dovremmo imparare a lasciarci andare un pò di più.
Non sia mai che poi, guardandoci dentro, non scoprissimo un mondo tutto da raccontare...
Chi è Nancy Rexroth?
Nancy Rexroth è una fotografa americana. Molti dei suoi lavori vedono l'uso di macchine fotografiche giocattolo. Il suo stile è onirico, senza tempo. IOWA è il suo capolavoro. Dopo Nancy, fotografare quello che abbiamo dentro, più che quello che ci sta fuori, è diventato meno strano: lei ha cambiato le sorti della fotografia.