Altro giro, altra corsa. Dopo aver interloquito con Giuseppe Militello, e ad aver dato vita insieme a lui, alla prima puntata del mio Podcast, ritorno a mettere il naso dentro la vita professionale di un altro giovane fotografo italiano: Giuseppe Scianna. Un’intervista che vi invito a leggere e, come sempre, a condividere e commentare il più possibile.
Intervista
TSR: Ciao Giuseppe, grazie per il tuo tempo. Ti prometto che uscirai vivo da questa intervista — o almeno credo.
Ciao Gianluca, grazie a te. Mi fa molto piacere essere qui a parlare di fotografia e del mio lavoro.
TSR: Volevo farti questa domanda alla fine, ma non resisto. Il tuo cognome esprime un certo legame con una figura importantissima della fotografia italiana, ovvero quella di Ferdinando Scianna. Siete parenti?
Non sei il primo che me lo chiede. Scianna è per me un importantissimo fotografo e non nego di averlo preso come riferimento ormai da moltissimo tempo per il mio lavoro. Che io sappia non siamo parenti, non ho ancora fatto una ricerca genealogica.
Il cognome è molto comune dalle mie parti, quindi ci potrebbe essere una piccola probabilità. Diciamo che se mai scoprissi una qualsiasi parentela con lui, non mi dispiacerebbe affatto, anzi, sarebbe un vero e proprio onore.
TSR: Il tuo è un percorso comune per molti giovani provenienti da delle piccole realtà di provincia. Ti sposti a Catania per studio e stai cercando di farti largo, ormai da mesi, nel campo professionale della fotografia. Raccontami un pò come sta andando.
Si, io sono di Partinico, un piccolo paese in provincia di Palermo. Raggiunta la maggiore età ho sentito la necessità di spostarmi e di cercare di far esplodere definitivamente questa mia passione per la fotografia che, nella dimensione del piccolo paese, era rimasta assopita, relegata ad una mansione prettamente occasionale.
Ora sono tre anni che studio a Catania, all’Harim, un’accademia privata di fotografia, e qui ho avuto davvero l’occasione di potermi mettere alla prova. Vivere in una grande città non è facile, ma questa esperienza mi sta aiutando a crescere e a prendere atto delle potenzialità della fotografia e delle mille responsabilità di “diventare grande”.
TSR: Come ti sei avvicinato alla fotografia di strada? Nasce tutto per caso? O hai scelto tu di buttarti in questa giungla?
Mi avvicino alla fotografia di strada quasi per gioco. Arrivato a Catania non sapevo da dove iniziare e, come capita spesso per chi è un estraneo in posti ignoti, mi sono diretto nelle vie principali, per sentire la folla e vedere quali situazioni potessero nascere.
Sono rimasto stravolto quando ho scoperto quanto mi facesse star bene fotografare la gente e catturare, a loro insaputa, o di comune accordo, i loro visi, le loro azioni e le mirabolanti stranezze che definiscono la bellezza del genere umano.
Oggi non riesco a vedermi distante da questo genere fotografico. La Street Photography è al centro della mia ricerca e della mia crescita personale.
TSR: Organizzi le tue uscite? O ti fai trasportare dalle sensazioni?
Saranno ormai anni che mi sono abituato a non organizzare più le mie uscite. Mi sono preso l’abitudine di portarmi sempre appresso la mia macchina fotografica. Appena c’è una scena interessante, o un soggetto atipico, la esco dalla mia borsa e mi fiondo immediatamente in quel contesto.
Questo ha risolto molti dei miei problemi e di quei “mangiamenti di mani” dovuti dalla mancanza di un mezzo e dal non poter scattare fotografie.
TSR: Il tuo è uno stile ancora poco definito. Ti piace il colore, ma non disdegni il bianco e nero. Ci sono però delle caratteristiche che fanno da legante tra le tue immagini e che sembrano voler venire fuori a grande voce. La pulizia dell’inquadratura è sicuramente tra questi. O mi sbaglio?
Non ti sbagli assolutamente. Poter avere uno stile predefinito già da ora è impossibile. Mi piace sperimentare e cambiare spesso il mio punto di vista, ma se c’è una cosa a cui tengo tanto, è sicuramente la composizione e la pulizia dei miei scatti.
Non mi piace appesantire la mia inquadratura: scelgo pochi soggetti e certo di equilibrare la scena aiutandomi con lo sfondo e il secondo piano. Non nego che tutto ciò sia stato influenzato dal mio studio di Henri Cartier-Bresson. Lui, come molti altri miei mentori, è ossessionato dall’equilibrio e dalle componenti plastiche delle sue fotografie.
Devo però svelarti, Gianluca, che apprezzo anche tantissimo comporre le mie immagini in maniera scorretta. Non credo ci sia un giusto modo di fare fotografia. Bisogna conoscere le regole e saperle ribaltare, quando ne abbiamo l’occasione, per i nostri fini. Solo così possiamo crescere in questo campo.
TSR: Scatti molto in Sicilia. Credi che realizzare un certo tipo di fotografia di strada sia impossibile qui? O è tutta una questione mentale?
Dipende dai luoghi in cui tu ti trovi. Nelle grandi città, soprattutto nei centri turistici, hai una maggior libertà di manovra. Puoi scattare, avvicinarti e passarla liscia come se ti trovassi in altre grandi città europee.
La situazione cambia se ti immergi in contesti un pò più indigenti. Lì devi fare attenzione e, se proprio vuoi scattare un certo tipo di fotografia, chiedere il permesso e rimanere concentrato sul tuo lavoro. C’è sempre molto da scoprire, soprattutto in questi luoghi, ma bisogna fare estrema attenzione. Non si sa mai come potrebbe andare a finire.
TSR: Il tuo approccio reportagistico ti aiuta sicuramente ad entrare in certe realtà, che normalmente, da puro estraneo, sarebbero difficili da analizzare in profondità. Ti piace molto il contatto con le persone, vero?
Adoro chiacchierare e rendere partecipi del mio lavoro le persone ritratte nelle mie fotografie. “Rubo” spesso, ci provo, e mi riesce anche discretamente bene, ma a volte preferisco scambiare due parole con i miei soggetti prima di realizzare le mie immagini.
Questo mi aiuta a dare un’idea più completa del mio lavoro e poter narrare delle storie che, uno scatto realizzato in sordina, non potrebbe fare. Sto cercando di portare avanti questa cosa, per poter realizzare, in un futuro prossimo, dei progetti molto più complessi ed ampi. In definitiva, il contatto con le persone è, per me, fondamentale.
TSR: A proposito di progetti, stai lavorando a qualcosa di particolare?
Sto lavorando a diversi progetti. Preferirei però non scendere nei dettagli. Sono uno di quelli a cui piace mantenere il segreto fino alla pubblicazione di tutto il lavoro. Ti posso però dire che vedranno al centro le persone e la nostra amata terra.
TSR: Quanto pensi incidano i Social Networks sul tuo lavoro?
I Social Networks mi aiutano a pubblicizzare le mie opere e a tenere alto l’interesse delle persone sul mio lavoro. Non li reputo fondamentali e credo che abbiano causato molti problemi esistenziali a tutti coloro che si reputavano dei grandi fotografi, e che si sono dimostrati essere, all’alba della digitalizzazione della fotografia, solo dei terribili “premi bottone”.
Per ora li uso e li sfrutto. Ma sto lavorando per costruirmi un sito più professionale ed adatto a contenere le mie fotografie. Vedremo come si evolveranno le cose.
TSR: Cosa consigli a chi si vuole avvicinare al genere della fotografia di strada?
Di non dare niente per scontato e di cercare di sperimentare il più possibile, a piccoli passi, e con piccole dosi quotidiane, ogni forma di fotografia. Che poi uno scatti con lo smartphone o con l’ultima fotocamera della Sony ha poca importanza. L’unica cosa che importa è mettere tutto se stessi nella realizzazione dei propri scatti.
TSR: Previsioni per il tuo futuro?
Non mi piace fare previsioni per il mio futuro, ma quello che è certo, è che mi sposterò alla fine degli studi per accrescere ancora di più il mio bagaglio culturale. Non so cosa mi aspetterà, ma sono ansioso di conoscere il mio futuro.