La fotografia di strada è sempre più donna. È un dato di fatto. La percentuale di avvicinamento al genere del pubblico femminile cresce di giorno in giorno. Per questo, per tenere alto l’interesse nei confronti di questa nuova frontiera di giovani e promettenti donne fotografe, ti porto oggi l’intervista a Francesca Paluan: fotografa di origine venete e da pochi anni frequentatrice assidua delle strade del suo territorio natale.
Intervista
Ciao Francesca, grazie per aver accettato di prendere parte a questa mia intervista!
Ciao Gianluca, grazie a te per avermi invitato e per aver preso in considerazione il mio lavoro.
Ho visto che realizzi diverse cose nel mondo della fotografia. In tutto questo, la strada, che posto occupa nella tua vita? E come ti sei avvicinata al genere?
La strada è stata per me una fonte di grande ispirazione fin dai miei primi passi nel mondo della fotografia. Ci arrivo quasi per caso, grazie a degli amici che già praticavano questo genere fotografico.
Inizialmente ero interessata soprattutto alla fotografia più classica, legata ai paesaggi e ai ritratti di membri della mia famiglia. Ascoltavo però con grande interesse i miei coetanei parlare spesso positivamente di questa tanto vociferata Street Photography.
Così, un giorno, dopo averne sentite di cotte e di crude sull’argomento, non ho più resistito. Ho chiesto ai miei amici di unirmi a loro e provare su me stessa l’ebbrezza di trovarmi in questo contesto nuovo e, a loro dire, ricco di opportunità.
Per fortuna ho dato ascolto a quella me stessa del passato. Fare fotografia di strada mi piace un sacco. Non potrei più vivere senza di lei.
Per me è uno svago e un modo per liberarmi dallo stress di tutti i giorni. Potremmo definirla quasi come una droga, da un certo punto di vista. Il cogliere un momento, ed avere la sicurezza di averlo preservato in una fotografia, per poi ripescarlo in qualsiasi situazione, mi inebria sempre come se fosse la prima volta.
Rispetto ad altri generi, adoro avere la piena libertà delle mie azioni e la totale imprevedibilità delle situazioni. Fotografo quello che mi va, quando mi va, ma senza mai sapere cosa ne uscirà fuori. La Street è un bel casino!
Come ti sei avvicinata alla fotografia?
Inizio a scattare immagini dopo un evento molto destabilizzante e triste della mia vita. La fotografia non faceva parte della mia quotidianità, era solo uno strumento da utilizzare ogni tanto per immortalare un ricordo e niente più.
L’acquisto di una macchina fotografica, da parte di mio padre, mi ha permesso di ritornare a sorridere e a ridere delle cose di tutti i giorni, ma ha fatto anche di più: ha aperto le porte ad una dimensione prima intoccata e ora diventata la principale fonte di creatività e libertà della mia persona.
Mi ha stravolto così tanto da decidere di farla diventare anche il mio lavoro. La fotografia, sotto tanti punti di vista, mi ha salvato la vita — oltre a permettermi di conoscere delle persone fantastiche, come il mio collaboratore, Davide Mantovanelli.
Il tuo stile è molto goliardico, acceso nei colori e tendente all’aspetto più ironico delle cose. C’è molto Martin Parr nelle immagini di Francesca Paluan. È un autore in cui ti ritrovi?
Non nego di essere molto vicina all’estetica di Martin Parr. É stato tra i primi fotografi di strada che ho avuto modo di studiare, ed apprezzare, ancor prima di capire cosa diavolo fosse questo genere fotografico.
L’utilizzo del colore molto saturo è una di quelle cose che uso spesso per esasperare le mie situazioni, già di per sé molto eccentriche ed ironiche. Non mi piace dare alla mia Street un nota troppo seria o didascalica. Cerco sempre di portare la mia personalità, e il mio modo di vedere le cose, nei miei scatti.
Se non mi diverto a fotografare, e non si divertono gli altri a guardare le mie fotografie, c’è allora qualcosa che non funziona nel meccanismo.
Come ti approcci ai tuoi soggetti?
Le mie immagini nascono sempre da un principio di causalità che governa ogni istante della mia sessione fotografica. Mi piace pensare che le cose accadano in un preciso momento, e in un preciso luogo, per dei motivi scientificamente inspiegabili.
Non sono di quelle che cerca disperatamente un soggetto particolare o di quelle che mantiene rigidamente una modalità di scatto ben precisa. Vario, e cerco di farmi trasportare dall’energia delle situazioni.
Per questo, quando sono in strada, cerco di mantenere il più possibile intaccata la spontaneità degli eventi. Molte volte è una questione di pochi secondi: scatto, mi muovo veloce e poi vado via; altre volte invece attendo, per trovare la giusta posizione e il momento propizio.
Capita a volte che i miei soggetti capiscano di star prendendo parte, senza saperlo, alla realizzazione di una mia immagine. In quel caso non abbandono la scena, anzi, li rendo parzialmente partecipi di quello che sto facendo. Basta qualche parola e un sorriso. Il resto viene da sé.
Quindi una Street Photography non totalmente candid?
Dal mio punto di vista la Street Photography non può essere solo candid. Si perderebbe così gran parte del divertimento e della particolarità di questo genere fotografico.
Ovviamente esistono anche qui dei limiti. Rendere partecipe il soggetto va bene, ma non bisogna attentare, per nessuna ragione, quella spontaneità che lo aveva incorniciato in una precisa dimensione fotografica, e che lo aveva reso, nella mia testa, magnifico nella sua unicità.
Una questione di equilibrio molto difficile da mantenere, lo so, ma che se studiata attentamente a priori può dar vita a delle immagini straordinarie.
Che ne pensi della fotografia di strada italiana?
Credo che esistano moltissimi autori italiani di grandissimo spessore. La cosa brutta è vedere però come quest’ultimi siano quasi sconosciuti o non presi completamente in considerazione.
Esiste un grossissimo problema in Italia legato alla meritocrazia e alla modalità di rappresentazione del genere della Street. È brutto vedere premiati od elogiati sempre gli stessi nei Festival o nei Concorsi a tema. Sembra che la fotografia di strada italiana sia legata ad una singola estetica e non invece aperta ad altre interpretazioni.
Bisognerebbe iniziare a prendere in serio esame questo problema. Anche perché la crescita del genere è correlata, indissolubilmente, ad una sua corretta diffusione sui Social o sui principali spazi di scambio culturale. Se manca quella, il genere non cresce.
Oltre alle fotografie e ai progetti sulla Street, realizzi anche video a tema sul tuo canale Youtube. Credi sia un buon medium per diffondere la cultura fotografica?
I video sono dei contenuti molto immediati e facili da digerire. Ho potuto constatare, anche grazie alla realizzazione del mio ultimo video sulla Street Photography, in collaborazione con il mio fidato Davide, molti pareri positivi. Chi non conosce il genere vuole sentirsene parlare in maniera semplice, diretta e, se possibile, anche fresca.
Trovo molto poco interessanti i video su Youtube che cercando di spiegarti il genere come se fossimo a scuola o ad una conferenza universitaria. Credo che rimanere ironici anche in questo caso sia una strategia vincente.
A cosa stai lavorando in questo momento?
In questo momento sto continuando tutto il mio lavoro legato alla narrazione delle scene di vita quotidiana nel mio paese, Carceri, e sto portando avanti, nel mentre, tutto il resto della mia produzione video e di contenuti per il web — per non parlare di La Cornica Bianca: ora più che mai al centro della mia vita professionale.
Sono una di quelle a cui piace lavorare contemporaneamente su più cose. Spero alla fine di poterle concretizzare e renderle visibili, anche grazie ad un prodotto fisico, tipo una Fanzine, a tutti coloro che sono veramente interessati al mio lavoro. Questo mi renderebbe molto felice.
Possiamo dire che la Street Photography abbia effettivamente influenzato tutto quello che fai al di fuori del genere?
Si. Ancora oggi vedendo il mio lavoro, e ripescando ogni tanto dal mio archivio personale, mi accorgo spesso che la Street ha cambiato il mio modo di percepire e analizzare lo spazio circostante.
Cerco sempre di riportare, nella mia ricerca sul reportage, come anche quella sul ritratto, quel principio di spontaneità ed ilarità che definisce gran parte della mia fotografia di strada. È diventato automatico ed è bello poterlo vedere in contesti inusuali dove non ti aspetteresti mai di trovarlo.
Mi piacerebbe essere molto più Street, sia nella vita che nel mio percorso da fotografa. Questo è certo.