Non è mai facile fare un’intervista. C’è sempre quella forma di imbarazzo che aleggia costantemente tra l’intervistatore e l’intervistato. Con Giuseppe Militello mi sono sentito però subito a mio agio: si è prestato magnificamente a questo scambio di idee e oggi, con la sua intervista, apro la mia serie sui fotografi di strada italiani da tenere sott’occhio. Ascoltate un pò cos’ha da dirci.
Giuseppe Militello — Intervista
TSR: Ciao Giuseppe, grazie per esserti prestato a questa intervista!
Ciao Gianluca, grazie a te per l’opportunità e per l’invito.
TSR: Mi sembra doveroso chiederti fin da subito cosa fai nella vita e come ti sei avvicinato alla fotografia.
Nella vita di tutti giorni lavoro in un’azienda metalmeccanica. Un impiego che non amo particolarmente, ma che mi permette di poter dedicare del tempo alla fotografia, avendo degli orari molto elastici, e di poter avere un sicurezza economica (che di questi tempi fa comodo).
Mi sono avvicinato alla fotografia circa dieci anni fa. È stato un lampo improvviso che ha rotto la mia routine quotidiana. Ho comprato la mia prima macchina con il primo stipendio e da lì non ho più smesso di fotografare (e di spendere soldi per attrezzatura, libri e corsi; ma questa è un’altra storia).
Come tutti ho iniziato a fotografare senza un vero obiettivo. La mia passione per la Street Photography è esplosa in concomitanza con gli altri generi. Torino, luogo dove vivo tutt’ora, si sposa discretamente bene con questo genere e quindi, dopo aver capito che mi entusiasmava più di altri, ho cercato di fiondarmi su di lui. Oggi non ne posso fare più a meno.
TSR: Molti organizzano le proprie uscite fotografiche, decidendo orari e giorni durante la settimana. Tu fai lo stesso?
No, quando ho del tempo libero esco. Non mi piace organizzare le mie uscite. Preferisco farmi trasportare dalla causalità e dagli imprevisti dettati, magari, da un appuntamento saltato o da un pranzo rimandato. Se invece lavoro ad un progetto specifico, stilo una lista e cerco di seguirla minuziosamente. In quel caso l’organizzazione ne fa da padrone.
Per lo stesso motivo, non vado mai in posti specifici scelti a priori. Seguo la folla, i miei sentimenti, e spesso mi accorgo di star camminando più del dovuto. Ma è anche questo il bello della Street Photography, non credi?
TSR: Cos’è per te la Street Photography?
Per me la Street Photography è il genere più completo riscontrabile in fotografia. La sua capacità di saper rendere straordinario il quotidiano, mi affascina, e mi spinge ogni giorno ad andare a scattare le mie fotografie. Lo reputo un ottimo banco di prova e una sala di allenamento in cui poter ampliare e migliore te stesso, prima come fotografo, e dopo come uomo. Dovrebbero avvicinarsi tutti a questo genere!
TSR: Il tuo stile, ricco di contrasti, e attento alle forme, è riconducibile ad una filosofia specifica? O è totalmente pura estetica?
Le mie prime immagini erano soprattutto legate ad una ricerca estetica nell’impianto cittadino. Amavo, e amo tutt’ora, unire ombra e luce per dar vita a delle immagini accattivanti. Se prima però questa cosa era prioritaria, nel tempo è passata in secondo piano: ora cerco di dar voce a quell’ombra e di renderla partecipe nella narrazione dei miei “instanti decisivi”.
È difficile uscire dalle vesti del fotografo principiante e infilarsi il gilet alla Bruce Gilden per vedere le cose in maniera più coscienziosa e professionale, ma credo che tutti, prima o poi, debbano affrontare questa sfida per poter crescere come fotografi.
Oggi, rivedendo le mie foto passate, mi metto a sorridere, capendo che c’era già un pizzico di quello che sono ora fotograficamente, ma rendendomi anche conto che non era abbastanza per poter essere totalmente soddisfatto del mio lavoro.
TSR: Che ruolo giocano le persone nelle tue immagini?
Le persone hanno assunto, soprattutto nei miei ultimi lavori, un ruolo fondamentale nelle mie fotografie. Sono quelle che sorreggono tutta la narrazione del momento e che definiscono il mood della storia. La loro presenza mi aiuta a costruire dei racconti ricchi di mistero ed energia.
Il mio ritrovato interesse per alcuni autori, come Harry Gruyaert e Bruce Davidson, mi ha stimolato nel tempo ad avvicinarmi sempre di più ai miei soggetti. Oggi, rispetto al passato, mi sento di star seguendo il giusto percorso artistico.
TSR: Ho notato che nell’ultimo periodo ti sei avvicinato alla pellicola. Come ti stai trovando?
Adoro scattare a pellicola. Ha cambiato completamente il mio modo di fotografare. Ho comprato addirittura tutto il materiale per poter sviluppare i rullini: lo faccio a casa, in una piccola stanza. In futuro mi piacerebbe anche stampare. Per ora mi accontento di riportare il tutto in digitale.
Rispetto allo scattare con la mia Fujifilm, mi aiuta a ridurre drasticamente le mie immagini, lasciando spazio nella mia pellicola solo ai momenti che reputo più importanti. Inoltre, rispetto al digitale, mi concede del tempo con il bianco e nero, che di solito non prendo troppo in considerazione, pur amando degli autori che ne fanno largo uso. Insomma, una bella scoperta che spero di poter portare avanti.
TSR: Quanto credi sia importante studiare fotografia?
Reputo lo studio della fotografia, come anche il vedere mostre ed acquistare monografie, di vitale importanza. Apprendere come muoverti in strada, come gettare lo sguardo su quello che ci circonda, è quello che davvero ti differenzia dagli altri.
Per poter davvero crescere in questo campo non basta scattare, bisogna anche imparare dai grandi e dai piccoli della fotografia. Quando posso mi ritaglio del tempo per poter studiare su qualche buon libro o anche vedere qualche video/documentario. Internet ci permette di farlo gratuitamente. Sarebbe assurdo non approfittarne.
TSR: Quanto credi siano utili i Social Network per un fotografo?
Reputo i Social Network utili ma non indispensabili. Condivido su Instagram le mie fotografie, si, ma il suo utilizzo si limita alla messa in esposizione di parte del mio lavoro. Preferisco di gran lunga stampare o lavorare alla costruzione di un libro. Sono questi fattori che ti permettono di avere quel qualcosa in più rispetto agli altri.
Tra l’altro non adoro le mode che si stanno diffondendo sempre di più sul versante della Street Photography. Sembra che per molti l’aggiunta di filtri o espedienti estetici possa sopperire alla loro mancanza di idee. Questo è un cattivo modo per mettere in evidenza il proprio lavoro. Meglio pubblicare di meno ma bene, che pubblicare fotografie solo per il gusto di farlo.
TSR: Cosa consigli a chi si vuole avvicinare al genere?
Scarpe comode e tanta pazienza. Pur camminando tantissimo mi capita spesso di tornare a casa senza scatti. Non bisogna abbattersi, ma trovare il giusto stimolo per far meglio la prossima volta. Un buon consiglio che posso dare è quello di lavorare su delle serie o su dei soggetti specifici. Questo all’inizio può aiutare a rompere il ghiaccio ed eludere l’ansia da prestazione.
TSR: Previsioni per il tuo futuro?
Spero di poter continuare a fare fotografie come ora e, perché no, poter iniziare a farla diventare anche una fonte di guadagno fissa. Sto concludendo dei reportage in questi giorni. Spero di poterli vedere il prima possibile in stampa (o magari esposti in qualche posto).
Mi piacerebbe inoltre entrare a far parte di qualche circolo o collettivo. Lì potrei davvero trovare lo stimolo giusto per poter crescere ancora.