La fotografia è un’arte esoterica, incantatoria. Ci spinge dove non saremmo mai potuti andare e rende le cose più interessanti di quello che potrebbero essere. Seguo il lavoro di Liliana Ranalletta da anni ormai e mi sono sempre chiesto come facesse a mettere dentro la sua inquadratura queste scene così grottesche e ricche di vita e a renderle, con chissà quali magie, straordinariamente appaganti.
Ho avuto la possibilità di poterla intervistare e ho potuto constatare, dalle sue parole, che le sue fotografie rispecchiano perfettamente il suo animo ilare, empatico ed aperto alle bellezze della vita. La sua fotografia meritava un maggior approfondimento e sono felice di portartela qui sul mio Blog. Buona lettura!
Liliana Ranalletta — Intervista
TSR: Ciao Liliana, grazie per aver accettato di prendere parte a questa intervista!
Ciao Gianluca, grazie a te per l’invito. È un piacere essere qui.
TSR: Il tuo modo di percepire lo spazio che ti circonda mi fa pensare ad ore e ore di studio sulla materia fotografica. Come ti sei avvicinata alla fotografia? E che ruolo riveste nella tua vita?
La fotografia mi ha da sempre incuriosita. In passato era solo un passatempo, un vezzo, per riempire alcune ore della mia giornata. Negli ultimi anni è diventata invece un vero e proprio lavoro che porto avanti con grande costanza e con uno spirito teso verso la realizzazione di progetti a lungo termine.
Mi avvicino a quest’arte con la pratica della macro fotografia. Il mio amore verso la natura mi ha spinto, agli esordi del mio percorso, ad osservare questa dimensione attraverso l’occhio indulgente e scientifico dell’ottica fotografica.
Poter vedere come la natura gestisce tutte le sue relazioni con l’ambiente esterno mi ha aiutato a guardarmi attorno con più attenzione e a capire come si possa nascondere qualcosa di straordinario anche nella cosa più banale.
Da quei primi esperimenti sono poi passata, nell’ultimo periodo, al tastare il terreno nel mondo della fotografia di strada. Di questo genere amo la sua istintività, il suo dinamismo e quella capacità di saperti stupire quando meno te lo aspetti.
L’interazione tra individui, come anche la forte presenza di storie che li legano o li definiscono all’interno del mondo sociale, mi affascina molto e mi porta ogni giorno a varcare le strade della mia città alla ricerca di momenti significativi da poter fotografare. La Street Photography copre un ruolo importante nella mia vita. Sono felice di averla scoperta.
TSR: Il tuo stile mira chiaramente ad una rappresentazione bizzarra e buffa della vita nelle strade — per lasciarsi a volte andare a delle visioni più surreali ed estetiche. Cosa cerchi di comunicare con le tue immagini?
Nella mia visione delle cose, la sorpresa, come anche l’emozione, giocano un ruolo fondamentale in tutta la mia produzione fotografica. L’idea di poter cogliere un’atmosfera particolare ed imprimerla nella mia mente, per poi mostrarla ad un pubblico, grazie ad una fotografia, è una sensazione impareggiabile.
Nelle mie immagini mi piace mostrare scene di vita quotidiana, fermare momenti irripetibili e strani; descrivere i tempi in cui viviamo con un occhio propenso a cogliere l’umorismo e l’ilarità; permettere allo spettatore di immergersi nella scena catturandolo ed emozionandolo.
Ho sempre guardato al mondo che mi circonda con un occhio volto a scovare situazioni particolari che altri non vedono, ad entrare nella scena, a prenderne parte dal vivo. Se il lavoro di ogni uomo riflette sempre la sua personalità (cfr. Ansel Adams) spero che nel mio stile le persone possano vedere la sensibilità, il rispetto e l’empatia che provo con i miei soggetti — soprattutto nei lavori a lungo termine.
TSR: A proposito di soggetti, come ti approcci a loro? Rimani distante o ti avvicini il più possibile?
Cerco di mantenere il più possibile inalterata la scena che ho davanti. Non mi piace disturbare o rendermi fastidiosa. Mi avvicino con naturalezza e rispetto nei confronti dei miei soggetti e cerco di catturare, quando meno sono vigili, il momento propiziatorio che definisce tutta l’enfasi di quell’instante.
Essere dentro la scena è importante per poter vivere al 100% tutte le emozioni racchiuse in quel momento. Trovo che sia bello poter raccontare una storia, provare emozioni e comunicare queste sensazioni. Il saperle cogliere, e darle significato, fa parte della difficoltà di questo genere fotografico.
Come fotografa evito assolutamente di mettere dentro la mia inquadratura mendicanti e gente in condizioni di salute precaria. Raramente inquadro anche bambini, per una questione di privacy.
Credo fermamente che la questione morale debba essere di primaria importanza per ogni fotografo e io, nel mio piccolo, cerco di mantenere ben salda questa prerogativa senza mai travalicarla o corromperla.
TSR: Ho visto spesso il tuo nome riportato tra i vincitori o i finalisti di diversi concorsi a tema Street Photography. Quanto credi sia importante cogliere l’opportunità di mostrare le proprie immagini ad una giuria competente?
Mettersi alla prova è sempre molto importante, a prescindere dal lavoro o dal premio messo in palio. Nel caso della fotografia è sicuramente una delle chiavi per poter crescere e diventare, col tempo, molto più bravi e disposti ad affrontare sfide sempre più difficili.
Prima di partecipare ad un concorso controllo sempre i vincitori delle passate edizioni, i membri della giuria e i requisiti di partecipazione. È fondamentale capire che tipo di lavori possano spuntarla rispetto ad altri: ti aiuta a capire come agire e come esprimere al meglio il tuo modo di vedere le cose senza andare fuori tema.
Di recente, ho provato una grossa soddisfazione nel vincere un concorso col portfolio dal titolo “The fabulous destiny of Dainaly”. Il progetto tratta la storia di Dainaly, una ragazza autistica che vive all’interno di un circo, e dei suoi cari. Questo lavoro è diventato poi un libro. Un’emozione davvero indescrivibile.
TSR: Il tuo percorso evidenzia ancora di più come la fotografia femminile stia pian piano prendendo il posto che gli spetta, anche in quei contesti prima inesplorati ed aperti solo ad una fotografia maschile. Cosa pensi in merito a questo tema?
Il valore e la qualità della fotografia femminile, nella sfera internazionale ed italiana, è in continua crescita. Poter vedere che la disparità tra i sessi, anche in un contesto come questo, si stia assottigliando, mi rende facile, ma non dimentichiamoci che c’è ancora molta strada da fare e che la fotografia femminile ha ancora molto da dire — contemporanea o passata che sia.
Spero che in futuro questa disparità sparisca del tutto e che ci siano molte più possibilità per potersi mettere in gioco e poter mostrare i propri lavori fotografici. La fotografia non ha sesso, religione o etnia.
TSR: A cosa stai lavorando nell’ultimo periodo?
In questo momento mi sto dedicando ad un lavoro di carattere paesaggistico. Dopo tanti mesi di fotografia di strada e reportage, è difficile ritornare a guardare la natura tenendo a freno quella necessità, ormai instauratasi nella mia mente, di dover mettere per forza l’uomo nella mia inquadratura. Una bella sfida, che sto affrontando con grande calma e caparbietà.
A Settembre invece presenterò un nuovo libro, “I sogni li spendo per strada“, che tratterà la trasformazione di una periferia romana, ad opera dei Poeti e Pittori Anonimi, da luogo di problemi e degrado a luogo di bellezza attraverso l’uso dei colori e l’arte dell’incontro.
Il simbolo di questo sentimento è rappresentato da Mario D’Amico, che da alcuni anni, dà corpo ai suoi desideri dipingendo i muri del quartiere dove è nato, in un’azione quotidiana che vive come un compito tra il pensiero e l’azione.
Tutto ha avuto inizio nell’ottobre del 2015 in occasione del Festival Internazionale dei Poeti e Pittori Anonimi tenutosi in questa borgata con la partecipazione di poeti ed artisti giunti da tutta Italia.
TSR: In ultimo, cosa consigli ai lettori di The Street Rover per vivere la fotografia di strada con un altro spirito?
Consiglio di camminare e camminare ancora. Quando pensate di aver camminato troppo, tornate indietro e ricominciate prendendo un’altra strada.
L’unico modo per poter crescere in questo settore, oltre a quello di imparare a “vedere” e fare esperienze di carattere culturale (film, libri, mostre e conferenze) è quello di continuare a scattare e farlo con costanza. Il duro sacrificio ripaga sempre.