Di notte succedono le cose più assurde e straordinarie. Scocca la mezzanotte, come in quel famoso film di Woody Allen, e le città scoprono le loro carte, le loro vere identità. Nel tran tran di spettacoli a luce rossi e di bevute fino alla sfinimento, le gerarchie sociali si ribaltano, per cadere inesorabilmente in uno stato di anarchia totale.
Parigi di notte non è da meno. Forse è tra tutte la rappresentante più autorevole di una libertà di spirito e di animo che subdolamente seduce ogni uomo, anche quello più inflessibile, per portarlo alla depravazione o alla esternazione dei suoi sentimenti più profondi.
Molti fotografi, artisti e scrittori hanno tentato nel tempo di immortalare o raccontare questa dimensione oscura e parallela, ma pochi ci sono veramente riusciti.
Brassaï è tra questi. Lui ha catturato quelle atmosfere, quelle energie sprigionate da quei luoghi pregni di lussuria ed inquietudine, e ci ha costruito sopra una serie di immagini, poi inserite nel suo primo libro: “Paris de Nuit“, uscito in una prima edizione nel 1933.
Il fotografo rumeno era ossessionato dalla vita notturna e passava spesso le sue giornate a vagare per le strade di Parigi senza una meta precisa. Si faceva accompagnare dai suoi amici più cari, all’interno e all’esterno dei locali, e collezionava, nel mentre, una moltitudine di esperienze visive da riempirci un album di ricordi.
Partecipava a feste, assisteva a balli animaleschi e copriva il tutto con un bel pò di alcool. L’odore dei locali era pungente: un mix fastidioso tra profumo scadente e sudore nauseabondo, ma poter assistere a tutto questo, senza filtri, era un sogno ad occhi aperti.
Ha resistito per anni senza scattare delle fotografie. Poi è sopraggiunta la necessità di farlo, per esorcizzare tutti quegli incubi che lo svegliavano nella notte e che lo inducevano ad uscire di casa. Ha iniziato per caso e da lì non ha più smesso.
La fotografia fu per lui il suo mezzo, la sua carta di accesso, per conquistarsi la fiducia del popolo notturno e registrare queste scene surreali. Senza di lei si sentiva nudo, fragile, come quella Parigi che si mostrava indifesa e pronta ad essere accarezzata dolcemente dai rintocchi della sua fotocamera.
Brassaï passava ore e ore in strada. Al centro della sua ricerca c’erano le persone, ignote e sinistre, ammantate da questa nebbia misteriosa da film noir e apparentemente disposte a tutto pur di poter portare a termine i loro piani. Persone comuni: uomini, donne ed anziani che negli ultimi respiri della giornata si rigettavano nei locali o nelle strade illuminate dalla luce fioca dei lampioni per dare sfoggio ai loro desideri più reconditi.
C’erano prostitute, travestiti e omosessuali, dipinti in questa cornice variopinta fatta di sorrisi inscindibili, abbracci impudici e delusioni amorose — molte volte precedute da un bicchiere di Gin gettato in faccia al farfallone di turno.
Ma non solo questo: nelle sue immagini c’è una Parigi impreziosita da questa atmosfera surreale che tende un braccio all’oscurità senza rinunciare totalmente alla sua purezza. Di notte Parigi è un’altra città e Brassaï ne è innamorato, fino allo sfinimento.
Guardando le sue immagini veniamo travolti da questa sensazione di minaccia, di pericolosità, come se in questi scenari ricchi di tensione si stesse per consumare un delitto. Proviamo a sfuggirgli, ma ne veniamo risucchiati, come se fossimo stati appena ipnotizzati da un mago. Parigi ci accoglie e ci vuole con sé, anche quando sembra essere il padre cattivo pronto bastonarci per aver rotto un vaso in casa.
Incontri fugaci, feste dionisiache e poi il silenzio, il vuoto. La notte ricopre tutto e rende le strade della Capitale francese delle dimore inverosimili: luoghi dove gli uomini trovano riparo, lontani dalle pressioni di una carriera sull’orlo del fallimento o da un matrimonio non riuscito.
Quelle luci fioche, che come puntini in un cielo stellato guidano lo sguardo dello spettatore, rendono questi ambienti tenebrosi, inquietanti e pronti ad accogliere un delitto. Brassaï è lì, con la sua fotocamera; non si interpone tra le parti e non contamina le atmosfere; le registra e basta, per renderle immortali e visibili a tutti.
Anche quando è costretto ad avvicinarsi, a quei giovani visibilmente brilli e mossi da sentimenti contrastanti, lo fa decisamente, mostrando la sua fotocamera e venendo accolto senza problemi, perché lì, dopo tutto, è di casa.
Un lavoro straordinario, che lo rese famoso in tutto il mondo — anche grazie alla meravigliosa stampa caratterizzata da questi neri profondi e grigi metallici — e che oggi ci ricorda come la realtà sia molte volte più interessante della nostra immaginazione.
Brassaï ha solo trasformato quelle sensazioni e quelle atmosfere già presenti ed esistenti in stampe agli ioni di argento. Non ha fatto altro che inquadrare la realtà e porla al giudizio di tutti. Ci vuole una certa sensibilità e una certa follia per fare tutto ciò. Pochi l’hanno e per questo lui verrà ricordato per sempre come un grande arista: il vero occhio di Parigi.