Tutti noi, nella nostra piccola dimensione fotografica, abbiamo uno scatto che ci è entrato nel cuore: un fonte di giovinezza e di ispirazione che ci ha avvicinati alla fotografia e non ce l’ha fatta più abbandonare.
Quell’immagine che è diventata il punto cardine, il metro di riferimento per ogni altra immagine prodotta in questo divario di creazioni nevrotiche. Ma quanta importanza ha per noi quella fotografia in particolare? E perché dovremmo sempre tenerla come riferimento?
Nasce così, quando meno ce lo aspettiamo…
“In principio c’era quello scatto…” potrebbe iniziare da qui la storia della nostra vita, la storia del nostro avvicinamento al mondo della fotografia. Perché avviene così, quando meno ce lo aspettiamo, quando meno siamo attenti o pronti ad accogliere il dono offerto da altri.
Quella fotografia vista in una rivista, in una mostra o sui Social Networks mentre scorrevamo la nostra home alla ricerca di un momento di relax. Quella fotografia che nasconde la verità del nostro pianeta, o semplicemente ci fa sorridere per la sua spontaneità ed innocenza. La Fotografia con la F maiuscola, perché il suo valore per noi è inestimabile e così deve rimanere nel tempo.
Tutti noi siamo uniti e caratterizzati da questa esperienza che ci ha cambiati, ci ha aperto gli occhi ad un mondo completamente nuovo. Sembra strano, ma basta davvero pochissimo per dare avvio ad un qualcosa che prima di allora non ci apparteneva, un qualcosa che sembrava essere lontanissima dalle nostre menti. Basta un dettaglio, un colore o un soggetto per colpirci e farci dire: “Cavolo, perché non l’ho mai vista prima ad ora?”.
Anche io ho iniziato così, da una giornata soleggiata di un Settembre qualunque. Stavo navigando su internet alla ricerca di qualche immagine su questa fantomatica “Street Photography” — un genere che prima di allora non conoscevo. La fotografia era per me un ornamento, l’ennesimo strumento per valorizzare l’egocentrismo dell’uomo e dare risalto ad una bellezza effimera, insignificante e retorica. Poi ho visto uno scatto di un certo Henri Cartier-Bresson, un uomo normale come noi interessato alla vita e alle persone.
Sembrava esserci tutto in quell’immagine: la forma, la gioia di vivere e una sincera ed appagante ironia, unita ad un alone di mistero. Mi sono chiesto più volte cosa guardassero quegli uomini, cosa li avesse attirati così tanto da rimanere lì, per minuti, se non per ore. La risposta che mi sono dato è ancora tutt’oggi lacunosa, però è proprio per questo che amo la fotografia e quest’immagine in particolare.
Una fotografia è un segreto che parla di un segreto. Più essa racconta, meno è possibile conoscere – Diane Arbus
“Più domande ci facciamo, più la fotografia è riuscita” me lo dicevano in tanti, ma solo dopo aver visto quest’immagine ho iniziato a capire cosa intendessero. Quello scatto mi aveva stravolto, avevo capito quanto potenziale potesse offrirmi uno strumento come quello della macchina fotografica. Si poteva andare oltre all’estetismo e finalmente rendere magnifico anche un istante apparentemente privo di significato agli occhi di tutti. Una sorpresa per me che ero alla prime armi!
Da lì ho iniziato ad avvicinarmi alla strada e non l’ho più abbandonata. Da lì ho percepito di poter rendere migliore il mondo con le immagini o solamente provare a lenire il doloroso passaggio del tempo. Un viso, un composizione efficace e un buon tempismo potevano essere delle armi utili a raggiungere i miei scopi.
E chi lo avrebbe mai detto, sono bastati cinque minuti per farmi cambiare completamente idea sulla fotografica. Mi rincuora sapere che la mia storia è come quella di molte altre: una storia semplice ma ricca di significato. Un’immagine ti cambia, io ci credo davvero, e sono sicuro che anche voi avete nel cuore una fotografia che ha cambiato la vostra esistenza.
Per questo vi consiglio di perseguirla e cercare di crescere con la speranza di poter raggiungere quel livello di intensità o sensibilità — o solamente ambire nel farlo, perché sono sicuro, che senza quello scatto, stareste ancora vivendo nel caos più totale.