La strada è un luogo nefasto, abitato da esseri senzienti ed anime turbate. In quella coltre sordida e caotica di scontri ed incontri tra creature senza volto e senza storia si nasconde il cuore palpitante dell'esistenza umana.
Parte da qui "Riversaggi", di Alessandro Sellitri, una raccolta di fotografie che scandaglia i meandri oscuri della socialità notturna per riscoprirne le sue bellezze e il suo rapporto con l'uomo comune.
Attraverso una serie di immagini in cui i soggetti mascherano le loro sembianze, e le luci accecano la vista degli osservatori, Alessandro ci racconta la notte, la sua notte, con un filtro particolareggiato ed improntato al colore.
La notte, in ogni racconto che meriti di essere trasmesso, è il momento di follia, il ridestarsi di sensazioni primordiali. Chi vive la notte vive una fase anormale, una fase per cui ogni ricordo viene contaminato, e stimolato, dall'ebbrezza delle tenebre.
In questo stadio quasi catatonico ogni volto, dettaglio, suono o pensiero, normalmente trasparenti in una qualunque giornata soleggiata, svaniscono, ora, al momento del risveglio.
"Riversaggi" è un tentativo di riavvolgere il nastro e recuperare, ridandogli significato, tutte quelle sensazioni, visioni e scenari provati durante il nostro reiterato viaggio nell'oscurità cittadina.
Affinché la notte non inghiotti tutto e renda vano il nostro passaggio.
Immagini e testo sottostante di © Alessandro Sellitri (IG: _pi.ra_)
"Vivo nelle arterie di un cuore morto, leso, infestato da anime senza volti, lacrimanti per l'inerzia di sogni fugaci, mai acciuffati, delle piccole promesse, fatte per vagare a zonzo con il minimo indispensabile. Iniziavo a pensare che fossi l'unico ad aver perso l'aderenza con la quotidianità, le cose dette... Insomma credevo di aver trovato qualcosa da cercare, e invece ci sono solo arrivato per ultimo, credevo di aver strappato la bandierina dalle mani di qualcuno per primo, credevo di aver trovato un piccolo rifugio, una piccola spanna di respiro sugli altri, invece sento sempre i polmoni più pesanti,
le gambe si atrofizzano,
le parole si sgretolano,
e i ricordi s'indeboliscono come le foglie in autunno.
È tutto questo?
Un impetuoso e spaventoso flusso di coscienza, senza inizio né fine, un po' come quelle storielle di Joyce".
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