Esistono paure che non esistono. Macigni psicologici ed invisibili di cui difficilmente ci si libera. Sono forse le peggiori, le fobie per le cose, i concetti, le persone, quelle entità mastodontiche che ci inchiodano al nostro posto gettandoci languidamente nella braccia di un destino funesto: la morte, nel peggiore dei casi; la follia, se riusciamo a tener fede ad almeno uno dei nostri ideali.
Son pochi gli scontri che hanno visto la paura soccombere al suo avversario. Penso a Robert Capa e alle sue The Magnificent Eleven, dove la paura è stata soppiantata dalla gravità del momento, o il lavoro di Ishiuchi Miyako, Yokosuka Story, incentrato sul superamento di un trauma vissuto durante la sua infanzia.
A legarli pochi, ma vitali, elementi: straordinarie, le loro vite; immenso, il loro occhio; geniale, la scelta di affidarsi ad un oggetto privo di qualsiasi eccezionalità per raccontare le loro vicissitudini: la macchina fotografica, una scatoletta metallica fatta di lenti, pulsanti e circuiti elettrici.
Equazioni non scontate, più uniche che rare, testimonianze, le loro, che hanno fatto della paura un termine importante per il raggiungimento della soluzione finale. Una paura come motore creativo che ho ritrovato di recente in Larry Sultan.
Swimmers, libro edito MACK, è l'espiazione della sua più grande fobia: l'acqua.
Il progetto, seppur riportante un arco di tempo prestabilito, quattro anni circa, ha una sua versione pilota, iniziata nel 1974 a causa della lettura di un manuale sul nuoto e il salvataggio in acqua della Croce Rossa (il che è già tutto un programma).
Ai tempi, Larry Sultan, era nel pieno della sua esplosione artistica. Guardava e fotografava di tutto, ricercando, con dovizia di particolari, nuove prospettive in cui contenere il suo enorme estro creativo. Progetti di natura concettuale, per lo più, realizzati in ambienti protetti e rigorosamente in bianco e nero.
Swimmers, in questa fase, è figlia della paura di Larry. Immaturo. Demotivato.
Inizia, ma poi si ferma, per collaborare con Mike Mendel - vecchio collega di università - ad un grande progetto fotografico, un pezzo di storia di quella fotografia concettuale a cui oggi molti di noi sono legati: Evidence (1975-77).
Una parentesi fondamentale, quella di Evidence, per le sorti future di un lavoro estremamente impulsivo e viscerale come Swimmers.
Larry, con Mike, ha scritto una fase importante dell'arte contemporanea. Ha svelato al pubblico l'elemento emancipatorio della fotografia, la sua capacità intrinseca di sapersi adattare ad ogni contenitore, cambiare e rivoluzionare le sue peculiarità e forme a secondo del racconto o dei suoi protagonisti.
Swimmers, senza la loro collaborazione, non sarebbe mai potuto esistere in questa forma (a colori, dai toni auratici). Avrebbe ruotato su ben altri concetti, su considerazioni non ancora acquisite. In altre parole, sarebbe potuto cadere nel dimenticatoio, come tanti altri lavori di grandi artisti realizzati agli esordi e per questo meno considerati dal pubblico.
Quell'incontro, storicamente riconosciuto, ha reso Swimmers quello che è oggi.
Le immagini sono state realizzate in un momento in cui ho scoperto che gran parte della mia attività artistica era separata dal mio corpo. La loro realizzazione e visione mi spaventava. Esse agivano, e mettevano in mostra, qualcosa di cui non ero totalmente a conoscenza - Larry Sultan
Il progetto ci trascina dentro le sorti di un universo caotico, ambiguo, scintillante.
Larry Sultan, agghindato a festa con costume e macchina subacquea al collo, affronta contemporaneamente due paure: quell'acqua, insita nell'uomo, e quella del mancato controllo del risultato finale, insita nel fotografo.
Sceglie di rimanere all'angolo di questi rettangoli pullulanti di vita, le piscine di San Francisco, alla ricerca di rivelazioni ed epifanie che solo l'acqua sa dare.
Le fotografie di Swimmers ci regalano sensazioni impareggiabili. La prima visione del lavoro mi ha colpito, la seconda mi ha stravolto. Il percepire a schermo quell'inquietudine, quasi tattile, di trovarsi a stretto contatto con un universo onirico, così vicino a noi, e al contempo così lontano, è immediato, e fa strano.
C'è una certa energia e tensione nei volti e nei roboanti silenzi di quelle piscine.
I corpi che popolano questo inquietante sotto mondo non sembrano serbare nessun rancore, rabbia, vergogna: fluttuano cripticamente, come spiriti, in un ambiente in cui le regole della fisica e della società decadono all'unisono, per lasciare spazio alla legge libera ed istintiva dell'acqua.
Larry Sultan ha occhio, per le forme e i colori, e le inquadrature che costruisce, seppur ricche di elementi e correlazioni con il mondo terreno, sembrano prelevare frammenti dal divino, da una porzione del subconscio umano a noi inaccessibile.
Questi frammenti, a volte, si palesano come dettagli estranei - una ciambella di colore arancione in un mare di blu - in altri casi, invece, in un taglio di luce misterioso, che non ha niente di umano, di reale: proiettori alieni pronti a risucchiare ed illuminare qualsiasi figura passi al di sotto di loro.
Si distendono davanti a noi dei grandi quadri astratti - alcuni direbbero espressionisti - dove donne, bambini, uomini ed anziani non fanno altro che ipnotizzarci, costantemente, cambiando, di volta in volta, come in un passaggio di stato, sembianze e colori. Prima uomo. Poi fluido. Poi stato aeriforme.
Swimmers sembra essere un Nirvana in cui l'accesso è ammesso a tutti, a patto di svestirti e di accettare di farti strascinare dal vortice indomabile delle sue acque.
Fotografie che hanno molto a che fare con il cinema e il subconscio umano.
Di opere scattate dentro o sopra fiumi, mari e piscine, ne abbiamo viste tante nel contemporaneo - a tal proposito The Seventh Wave di Trent Park ne è una delle espressioni migliori - ma quelle di Larry Sultan, nel profondo, ci raccontano più di quello che ci mostrano, qualcosa che lo stesso fotografo non poteva immaginarsi.
Queste immagini ci parlano di noi, di quella primordiale necessità di interrompere, anche solo per pochi istanti, la routine di una quotidianità asfissiante, perversa, un nemico che trova solo nel ritorno alle origini, l'acqua, uno sfidante degno di nota.
Larry proietta in quei movimenti goffi, nei giochi ottici e nei visi contriti dalla pressione atmosferica, se stesso, quel bambino che anni fa rischiò di affogare in mare. Il suo, sfogliando le pagine del libro, è un percorso, a volte ironico, a tratti alienante, per lo più universalmente inscritto nel DNA del genere umano.
Vedi il suo tocco ovunque. A partire dalle inquadrature, coloratissime e prestate quasi alla messa in scena teatrale, fino al rapporto intimo che stringe immediatamente con queste creature marine, individui che da bizzarre diventano, pian piano, più umane e vere di quelle presenti in superficie.
Un contributo visivo, il suo, che fa vibrare e rifulgere le scene di luce propria, tanto da farti desiderare, seduto nella poltrona o davanti allo schermo, di essere uno di questi spiriti liberi. Confinato in un territorio sconosciuto. Un Gulliver contemporaneo in visita di un reame fantascientifico e curioso.
Alla lunga, la visione di queste fotografie, ti fanno sentire parte di una comunità estemporanea, anelli connettivi che ora inizi ad accettare in tutte le sue imperfezioni e sfaccettature. L'estraneità di sottofondo, in apertura del racconto, scompare, ristrutturando le percezioni di un mondo, quello esterno, ormai passato.
Swimmers è la chiave per vedere l'universo da un altro punto di vista. Un qualcosa che difficilmente puoi capire, se non sei disposto a metterti, anche tu, fotografo o persona comune, in discussione. Sta tutta qua la verità del progetto.
Larry ha sconfitto la sua paura, facendo arte, quella che gli riesce meglio.
Mi piace pensare che sia stata una voce, priva di volto, a prendere le redini del suo destino, ricordandogli che la fotografia è fatta di scoperta, sacrifici, sentimenti contrastanti: un bivio emozionale dove la razionalità lascia spesso spazio all'istinto e agli umori dell'ambiente circostante. Una voce, forse, divina, come divina è la luce e la sostanza che permeano tutto questo suo fantasmagorico lavoro.
Una voce, che mi sento di dirti, ogni tanto dovremmo ascoltare pure noi.
Chi è Larry Sultan?
Larry Sultan è un fotografo americano. Fin da ragazzo sperimenta e dialoga attraverso la fotografia. Molto del suo lavoro artistico fonde documentario e fotografia scenica per ricreare paesaggi psicologici e fisici della vita familiare suburbana. Tra i suoi libri ricordiamo Pictures from Home e The Valley.
Fonti utilizzate:
- Larry Sultan, Sito Web Ufficiale
- Larry Sultan’s painterly photographs of swimmers (theguardian)
- Larry Sultan’s Surreal Photos of Swimmers Underwater (anothermagazine)
- Imparare a stare a galla (IlPost)