Come il filo di Arianna, Le immagini di Morel ci guidano nel dedalo infinito di una Patagonia sospesa nel tempo

Vivere a stretto contatto con l’invisibile è una pratica che tutti i narratori del mondo hanno tentato di sviluppare coscientemente nelle loro opere. Esistono infiniti tomi, canzoni e disegni che dimostrano a pieno titolo questo gravosissimo sforzo collettivo nella ricerca di una via per rendere quell’invisibile, di cui ti ho raccontato prima, un poco più visibile, una traiettoria concreta e tangibile nello spazio per chi poi, quei racconti, inizierà ad abitarli, e successivamente divulgarli.

Anche la fotografia, a volte, si è resa utile a questa grande olimpiade dell’impossibile. E lo ha perseguito, soprattutto, attraverso la lente di fotografi e fotografe provenienti da quei luoghi in cui la magia è ancora un fatto, una dimensione estranea a cui concedersi anche solo per pochi istanti.

Penso a Sergio Larrain, cileno, e alla sua Valparaiso, o a Graciela Iturbide, messicana, che ci ha guidato con i suoi racconti dentro le intime pieghe della cultura e della gente del suo paese.

Ma ce n’è anche un altro, che mi sento di citarti, che negli ultimi anni ha preso a cuore questa sfida; e ne ha fatto anche un libro, edito Emuse e vincitore del Premio Portfolio Werther Colonna 2020 indetto dal SI FEST. Si tratta di Lorenzo Zoppolato e del suo "Le Immagini di Morel": un libro che ho qui con me da diversi anni e che tuttavia non ha mai abbandonato i miei pensieri, forse a causa di quella sua natura ancestrale che come un eco esilissimo richiedeva costante attenzione, un'attenzione che prima o poi sarebbe stata riscattata.

L'invenzione di Lorenzo

"Le immagini di Morel", 2021. Fotografia di © Lorenzo Zoppolato (via emusebooks.com)

“Le Immagini di Morel” è tra le prime monografie che ho acquistato con i miei soli risparmi, e anche per questo ci sono profondamente legato. È un lavoro che mi è piaciuto tanto, fin da subito, e che tanto mi ha dato e continua a darmi.

Il racconto di Lorenzo è particolare. Mette in chiaro, già dall'introduzione, che quello che stiamo per guardare non è un reportage, né una ricerca antropologica sul luogo; bensì una porta verso un'altra dimensione, uno spazio dove «realtà e immaginazione», dice Lorenzo, «hanno la stessa consistenza»; dove le cose percepite sono sfuggenti, reali - aggiungo io -, ma anche finzioni convincenti. Realismo magico, insomma, trasformato in una serie di fotografie.

Un luogo dove realtà e immaginazione, come nei libri tanto amati da Lorenzo, hanno la stessa consistenza; sono reali ma anche finzioni.

“Le Immagini di Morel” si dipana attraverso infinite traiettorie. Parte dalla Patagonia, per poi distendersi verso le ampie pieghe del nostro subconscio. Lorenzo ci guida, nello scorrere delle pagine, nel dedalo infinito di questa terra lontanissima. Ci fa da narratore, ma anche da compagno di avventure. Mette dentro il suo mirino la gente del posto ma anche la natura sconfinata di un luogo, che per quanto alieno, come macerie di futuri distopici che risalgono lente dal terreno fangoso, acquista rilevanza di fotografia in fotografia. Si rende esplicabile, e forse amico.

Su "L'Invenzione di Morel" ci hanno anche girato un film, diretto da Emidio Greco (1974) (fonte: edizionisur.it)

Le fotografie di Lorenzo Zoppolato sono semplici, nella forma, quanto profonde nei contenuti. L'alternarsi repentino tra natura e uomo, tra macerie e costruzioni di fortuna, tra un passato lontano e un futuro imminente, costruiscono una mappa di vibranti impressioni di una realtà che si mischia pericolosamente al sogno; manifestazioni di luce, ombre e suoni che si fanno tracce di una memoria collettiva di cui sentiamo di averne, stranamente, un vivido ricordo.

«Ci tenevo a curare il più possibile queste connessioni tra futuro e passato» racconta Lorenzo, sul canale Youtube di New Old Camera, «è il modo migliore per farlo era mettendo queste fotografie all'interno di un libro, nel tentativo di costruirne una storia, un luogo in cui le immagini potessero incontrarsi e rendersi immortali». Un modo di fare fotografia molto "letteraria", continua lo stesso Lorenzo, che non vuole procedere «tanto per capitoli quanto per scambi narrativi e emotivi». E i legami con la letteratura non si esauriscono qui.

Il progetto è infatti un richiamo esplicito al capolavoro di Adolfo Bioy Casares: "L'invenzione di Morel". Il protagonista del volume, un fuggiasco scampato all'ergastolo via mare in una barca di fortuna, si ritrova naufrago in un'isola deserta. Pensa di essere solo, inizialmente, ma in realtà non lo è. Avventurandosi nelle foreste dell'isola, scopre presto che uomini e donne la abitano. Ha paura; non vuole essere scoperto, né rispedito in prigione. Quindi si nasconde. E osserva, da lontano. Svelando così un'amara verità. Quelle persone, che come anime vaganti trascorrono lì placide le loro giornate, non sono reali, ma duplicati creati dal folle Dottor Morel. Forme senza anima.

Lorenzo ama quel racconto, e ripercorrendo i passi del naufrago di Casares, sembra volerci condurre anche lui tra le pagine di un diario intimo e personale: quello del suo viaggio al confine del mondo. Ben presto però, capiamo che la storia prende strade ignote, trasformandosi immediatamente in una sorta di grande favola che ci spinge a mettere radici in visioni tanto oniriche quanto, al tempo, concrete.

"Le immagini di Morel", 2021. Fotografia di © Lorenzo Zoppolato (via emusebooks.com)

Le connessioni con il libro di Casares sono molteplici. C'è però un aspetto che rende ancor più magico il confronto di Lorenzo con la dimensione ancestrale della Patagonia. Un fatto che ci svela tutta la complessità del suo lavoro. Al contrario del naufrago, Lorenzo ha un alleato in più: la macchina fotografica, lo strumento del reale e della verità per antonomasia. Questo dato, in un'ottica narrativa, basterebbe a metterlo sulla strada giusta; tuttavia la fotografia si fa presto anche lei portavoce di una realtà corrotta, e come l'amore del naufrago rivolto a Faustina, dà forma all'inganno: lo alimenta, contribuendo con la sua naturale qualità - quella per cui ogni cosa fotografata esiste e di conseguenza è vera - alla costruzione della finzione.

E così, le sue immagini, che partono come semplici istantanee di un viaggio al confine del mondo, diventano presto testimonianze di miraggi di future memorie. «Storie smarrite in attesa una delle altre», afferma Lorenzo, che come ritrovamenti archeologici ci fanno dire "qui ci sono stato, e forse ci ho vissuto".

La favola dell'uomo armato di fiori e coltello

La suggestione che “Le Immagini di Morel” si porta appresso è encomiabile e da amante dei libri di Jorge Luis Borges non posso che apprezzarne la sua ammaliante complessità. D'altronde gran parte della forza di questo lavoro è insita nel modo in cui Lorenzo Zoppolato vede le cose, nel modo in cui le interpreta e ce le restituisce in immagine. Ma anche, se vogliamo scendere a fondo della questione, da come, queste cose, sono state disposte all'interno del suo volume.

Il volume si apre a portafoglio. Al suo interno abbiamo tre sezioni: una dedicata totalmente ai testi, curati dallo stesso Lorenzo, Ferdinando Scianna e Denis Curti, e il resto alle immagini del lavoro, divise equamente nelle parti laterali del libro. Sezioni che non sono state messe a caso ma pensate a priori in ottica narrativa: una consultazione a specchio delle fotografie - da sinistra verso destra o viceversa - sui cui Lorenzo si sofferma qualche minuto durante l'intervista tenuta da New Old Camera.

«Era un'idea che avevo da tempo quella di voler trattare il racconto in maniera speculare», dice a Ryuichi Watanabe, fondatore di New Old Camera «l'unico modo, a parer mio, per restituire la circolarità del progetto che sennò si sarebbe esaurito nella singola immagine, portando alla morte del racconto. Come nella Rayuela di Cortazar, volevo che il lettore giocasse con le fotografie, costruendosi man mano le sue connessioni e il suo ricordo della Patagonia. Per fortuna ho trovato un editore che ha compreso subito cosa volessi ottenere e di questo gliene sarò per sempre grato (eMuse, di Grazia dell'Oro, qui intervistata sul Podcast)».

Lorenzo Zoppolato sfoglia "Le immagini di Morel", da NOC, 2021 (fonte: New Old Camera)

Sfogliando il volume tento anche io di creare possibili trame suggeritaci da Lorenzo. Sono molte, se non infinite. Tuttavia, a cogliere maggiormente la mia curiosità è quell'unica immagine, che al contrario delle altre, non è coperta, ma messa fin da subito sotto lo sguardo dei lettori. Si trova al centro, quasi a volerci far intendere il ruolo che rivestirà nelle narrazioni future e passate. Si tratta della fotografia di un uomo armato di fiori e un coltello. Un’immagine bellissima, che crea subito un bivio emotivo, tra tensione e serenità, pace e guerra: l'interpretazione è dettata dalla direzione da cui scegliamo di guardarla.

Lorenzo, non lo nasconde, vede in quella fotografia il collante tra le ere e i destini del racconto. Cosa che trovo di una poesia meravigliosa, la sua. Mi ci ritrovo pienamente. È come se nella parte sinistra dell'immagine sopraggiungesse l’amore, il sacro, il puro, dato dai fiori; nella parte destra, invece, la violenza, il profano, l’oscuro, dato dal coltello. In centro, la bilancia "umana" che li sostiene e che ne decreta l’utilizzo finale. La favola "dell'uomo armato di fiori e coltello", che non esiste ancora (o forse si?), ma che dovrebbero inventarla dopo la visione di "Le Immagini di Morel".

"Le immagini di Morel", 2021. Fotografia di © Lorenzo Zoppolato (via emusebooks.com)

Il tempo si distende, dilatandosi, anche nelle scelte editoriali. Il fotografo opta per un formato panoramico. Una cosa atipica nel settore, vista la difficoltà nel maneggiare un formato simile in un volume di così ridotte dimensioni. 

Qui invece è usato magistralmente. Chi ha curato l’editing ha voluto rendere efficace la rappresentazione su carta di questi stracci di realtà sospesa nel tempo. E lo ha fatto benissimo. La pulizia dello sguardo e la liricità degli spazi fotografati da Lorenzo ben si sposano con il formato lungo. Nella loro estensione, ci lasciano vagare lontano, portando questi visioni, che si sviluppano da sinistra verso destra, o viceversa, a diventare quasi dei ricordi inconsci riprodotti da una macchina.

Per te ora che mi leggi sono futura memoria, indissolubilmente legato alle storie che sto raccontando - di Lorenzo Zoppolato

Come se stessimo guardando dentro un oggetto magico e misterioso, una riproduzione moderna dell'invenzione di Morel, entriamo dentro lo spazio sconfinato della mente. E ne rimaniamo bloccati. Osservando quello che ci circonda nel panorama dell'esistenza comprendiamo quale destino ci attende e quanto la fotografia si renda partecipe dell'intero processo. A contatto con la finzione, sogniamo, lungamente, o rimaniamo svegli, per sempre, consci di aver accettato l'ormai evidente verità: «amore e morte sono parti di un unico riflesso», tentare di sottrarci a loro, ci suggerisce Lorenzo, è uno sforzo inutile.

Il racconto di ognuno di noi

"Le immagini di Morel", 2021. Fotografia di © Lorenzo Zoppolato (via emusebooks.com)

"Le Immagini di Morel", se ancora non lo avessi capito, mi è piaciuto parecchio. L'estetica del racconto, unita alla profondità di Lorenzo nel saper cogliere il magico e l'invisibile dalla realtà, è toccante: ti fa amare tutta la fotografia.

Potrei stare qui a parlartene ancora per ore. Ma mi sono dilungato abbastanza. Toglierei spazio alle tue considerazioni e a quel mistero, che con tanta cura, Lorenzo Zoppolato ci ha lasciato da indagare nelle foreste della Patagonia - sempre in attesa di nuovi viaggiatori pronti a circumnavigarla per intero.

Ci tengo però a dirti un'ultima cosa. E qui mi espongo, a favore di un modo di fare fotografia che credo debba continuare ad essere divulgata online e nelle librerie. Il sunto sta qui. Essere capaci di saper raccontare fuori dagli schemi non vuol dire solamente scegliere un tema, un luogo o un volto che nessuno ha ancora trattato, ma anche, e soprattutto, dare più ascolto alla follia e all'istinto. Lorenzo ha preso un luogo già di per sé splendido e lo ha reso interessante. Ha scelto una storia singolare e l'ha resa comune. Ecco, quando il racconto di qualcosa diventa il racconto di ognuno di noi siamo davanti ad un'opera che rimarrà per sempre impressa nei nostri cuori. Il coraggio, direbbe qualcuno molto più erudito di me, è una virtù dei sognatori. E solo chi sogna può davvero capire quanto il mondo sia un contenitore pregno di tante bellezze, oltre che di dolore.

Le immagini di Morel

di Lorenzo Zoppolato, Emuse (2021)

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Chi è Lorenzo Zoppolato?

Lorenzo Zoppolato (Udine 1990) inizia a lavorare come assistente fotografo a Milano durante gli studi universitari. Dopo la laurea entra in una multinazionale del settore pubblicitario, ma capisce presto di voler raccontare altri tipi di storie. Fotografo professionista dal 2014, vince una borsa di studio alla NABA di Milano accedendo al master in “Photography and Visual Design” e negli anni seguenti ottiene i primi riconoscimenti. Nel 2015 viene premiato come International Black & White Photographer of the Year nella categoria “Emerging Talent”, nel 2017 si aggiudica la borsa di studio dell’Ernesto Bazan Scholarship Fund for Young Photographers, poi conquista il Gran Premio Portfolio Italia FIAF (2018), il premio per il miglior portfolio all’International Month of Photojournalism di Padova (2019) e lo Storytelling Award dell’Italian Street PhotoFestival (2020). Con Le immagini di Morel ha vinto il Premio Portfolio “Werther Colonna” all’edizione 2020 del SI FEST. Qui il suo Sito Web e Instagram.

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