Immagina un colore, un blu, quello del cielo, imprimilo bene in mente e poi prova a restituirlo, così come lo hai pensato, all'interno di un'inquadratura fotografica. Puoi metterlo in primo piano, isolato dal contesto e dal suo oggetto di appartenenza, oppure con altri elementi, per risaltarne le sue caratteristiche.

Da solo, quel colore, ti dirà qualcosa, manifestazione di un sentimento o pensiero riposto nei meandri della tua personalità, insieme ad altro, invece, ti racconterà una storia, acquistando un significato all'interno del grande racconto dell'universo.

Questa consapevolezza del potere del colore è un qualcosa che ormai abbiamo imparato a fare nostra, a giostrare e ad utilizzare con parsimonia quando si sceglie un capo di vestiario o si tinge una parete di casa. Meno invece quando il colore diventa strumento di marketing e di arte, dove ancora il simbolismo e la cultura ad esso legate, essendo profondo, ignoto, sfugge alla vista del pubblico moderno.

Non a caso, Riccardo Falcinelli, che sul colore ci ha scritto un libro, Cromorama, ci mette subito all'erta, dicendo: << Nelle mani di un grande autore il colore non è decorazione, è struttura. >> per poi proseguire << nella costruzione del colore non conta [...] l'armonia, quanto avere una storia da raccontare. >>. Analisi che, se prese bene, non fanno che aprire numerose porte e porci altrettante domande.

Il colore, in fondo, cos'è? E che ruolo gioca all'interno del grande e variopinto universo fotografico? Possiamo controllarlo? O è lui a manovrare noi?

William Eggleston, su questa storia, potrebbe scriverne interi volumi. Il fotografo americano è stato il primo in assoluto a mettere in mostra fotografie a colori nelle prestigiose sale del MOMA. Il primo, inoltre, a farlo con una personalissima, e molto criticata, visione del contemporaneo. Le sue fotografie, a prima vista, sembrano fredde, distaccate, banali, ma sotto sotto nascondono il segreto del vivere quotidiano: la banalità non è noia, bensì sintomo di uno schema visuale.

Quarantotto di quelle 75 fotografie scattate tra il 1969 e il 1971, e messe in esposizione dal buon John Szarkowski, sono state raccolte in "William Eggleston's Guide", divenuta, nel tempo, la bibbia per gli amanti della fotografia a colori.

di © William Eggleston

William Eggleston's Guide è un pezzo di storia della fotografia.

William ha scelto di collezionare, in forma quasi di diario, espressioni ed impressioni di colori e forme all'interno di un perimetro ben prestabilito: quello delle periferie a sud dell'America, luoghi in cui è vissuto e cresciuto. I protagonisti delle sue fotografie sono le strade, gli oggetti comuni e gli amici di una vita.

Nel documentario The Colourful Mr Eggleston lo vediamo camminare, lentamente, alla ricerca di qualcosa che attiri la sua attenzione. Si piega, gira intorno al soggetto, cerca di capire le sue caratteristiche, di vedere come la luce ne enfatizza le forme. Quello di William è uno sguardo curioso, romantico, diretto più verso l'istante e le cose che ha davanti che sulle loro diramazioni future.

A sopraggiungere, tacitamente, nella visione delle sue fotografie, è una sensazione di familiarità, mista ad inquietudine, come se dovessimo aspettarci, da un momento all'altro, l'arrivo di uno sconvolgimento totale di tutti gli equilibri.

Il documentario è del 2009, ma lo sguardo e le intenzioni del suo sguardo sono rimaste inalterate. Il William del passato, come dice lui stesso, non ha subito variazioni: le sue fotografie, come all'ora, ci parlano dell'inestimabile valore del quotidiano, sono l'emblema di una fotografia prettamente "democratica".

Non a tutti, le sue immagini, piacciono. È innegabile che le opere che riempiono le pagine di questo volume iconico, William Eggleston's Guide, agiscano diversamente nelle mente di ognuno di noi. Per alcuni sono opere d'arte, simbolo di una rottura netta con un passato fotografico fin troppo legato alla sua natura documentativa, per altri inspiegabili manifestazioni del nulla assoluto.

La cosa bella è che ogni definizione data dal pubblico o dalla critica ha un senso, si può discutere, e si lega perfettamente all'animo inclusivo di William Eggleston, un fotografo che non mira a dirci niente di particolare, al massimo darci un assaggio di cosa voglia dire guardare il quotidiano da un altro punto di vista.

Questo lo vediamo nelle inquadrature, ma anche dall'editing del libro.

Sfogliando le pagine del volume notiamo un passaggio repentino da fotografie di oggetti abbandonati in strada a situazioni in cui sono presenti persone od interni di case abitate. William inquadra molto spesso di getto, curando poco le regole del "buon fotografo" e concentrando le attenzioni al centro del mirino.

Ogni persona, oggetto, situazione o atmosfera vivono all'interno di quell'unico ecosistema, acquistando un ruolo e delle peculiarità ben visibili già in superficie.

Pensiamo a quel triciclo iconico, in copertina, lasciato sull'asfalto e reso monumentale dall'inquadratura dal basso verso l'alto. Oppure quel tetto, rosso fuoco, premonitore di una tragedia imminente. Nulla sembra avere senso. Tutto, in queste fotografie, è parte di un grande progetto chiamato quotidianità.

Eggleston ci parla chiaro, senza mezzi termini. Parla di persone, cose, animali, ambienti, come se a guardare le sue fotografie non fosse il pubblico di un museo, acculturato, ma un bambino, innamorato della brezza autunnale o del volo di un uccello. Cose dozzinali, naturali, tuttavia frammenti che percepisci consistenti.

Le sue fotografie acquistano così due livelli di visione: una vernacolare, familiare, adatta a tutti. L'altra, per chi sa andare oltre alla ruggine e ai visi intontiti dei suoi soggetti, estesa alla manifestazione di possibili sotto trame che starà poi a noi intrecciare, o dipanare, a secondo della veste che sceglieremo di ricoprire.

William Eggleston's Guide è un rebus infinitamente stimolante, uno di quei lavori che, visto in momenti distanti della vita, ti dà sempre qualcosa di diverso.

di © William Eggleston

Potrei continuare per ore a raccontarti cosa mi piace di questa fotografia.

Andrei però contro le stesse idee di William, che ha sempre trovato insopportabile il continuo chiedergli e domandargli dove volesse andare a parare con le sue immagini, come se il solo fatto di esistere non bastasse a confutare qualsiasi tesi.

Mi limiterò a dirti solo questo, per poi lasciare spazio alla sua arte.

Il segreto di questo lavoro è gran parte debitore del modo in cui lui stesso ce lo comunica. Dice in un'intervista << Aspetto solo che appaia [il mio soggetto], che spesso è dove mi trovo. Potrebbe essere qualcosa proprio dall'altra parte della strada. Potrebbe esserci qualcosa in arrivo. E di solito sono molto contento quando realizzo l'immagine. Di solito è esattamente quello che ho visto. >>.

Una visione del contemporaneo decisamente in linea con l'epoca (sono gli anni della grande fotografia di strada americana), che usa sapientemente il colore come forma e sostanza, ma che lascia trasparire anche molto di chi sta dietro l'obiettivo: un uomo schivo, inquieto e desideroso di allontanarsi dal caos delle grandi città.

William Eggleston lo ha sempre detto, si pone freddamente nei confronti dei luoghi e delle situazioni che immortala. Inquadra solo quello che ritiene interessante, e dopo averlo colto, passa al successivo, dimenticandosi del precedente. Non c'è un'immagine migliore delle altre e nessuna che lui preferisce.

Eppure non posso pensare che sia tutto qui. C'è dell'altro. Di tutta questa trascuratezza od indifferenza nelle sue parole non ne trovo, neanche in minima parte, nelle sue fotografie, che rimangono per me dei misteri da risolvere, un Eggleston Universe - per usare un termine fumettistico - in cui anche l'oggetto più banale entra a far parte di una storia connessa ad altre, conclusa o in partenza.

William Eggleston's Guide ci insegna molto, su di noi, sulla fotografia. Ha cambiato le carte in tavola mettendo a rischio un certo tipo di immagine più intellettuale e permesso a tutti di vedere nel quotidiano qualcosa di più.

Soprattutto, ci lascia ragionare su cosa voglia dire fare fotografia. Non un obbligo da inseguire forzatamente né un permesso da chiedere in giro. Scattiamo perché sentiamo di farlo, perché pensiamo che quel soggetto, in un'inquadratura, da un certo angolo, possa sprigionare un'energia, oppure no (?), che ha perso da tempo.

La fotografia ci fa semplicemente uscire di casa - William Eggleston

Ecco, vista così capiamo bene che non basta inquadrare qualcosa sotto una bella luce o un filtro colore per renderla straordinaria. Non basta avere macchine performanti né scegliere luoghi esotici. C'è bisogno di un istinto, di un gusto, di una relazione con il territorio e di una visione artistica che tutti non hanno.

William ce li ha, a dismisura, e questo fattore lo rende ancora inimitabile.

Chi è William Eggleston?

William Eggleston è un fotografo americano. Famoso in tutto il mondo per la sua visione sul contemporaneo e per l'uso della pellicola a colori. È stato il primo ad esporre una serie di fotografie a colori al MoMA (1976). Tra i suoi lavori ricordiamo inoltre Portraits, Los Alamos e The Outlands.

Fonti utilizzate:
  1. Photographs by William Eggleston (Moma.org)
  2. At war with the obvious: photographs by William Eggleston
  3. Eggleston Art Foundation
  4. William Eggleston - Un romantico a Memphis
  5. The Colourful Mr Eggleston (2009)
New Documents. La mostra fotografica per antonomasia.
John Szarkowski, ti dice qualcosa? Tra i curatori più rinomati del MoMA di New York - ne è stato pure direttore dal 1962 al 1991 - John è una vera e propria leggenda nel campo della fotografia. A lui dobbiamo l’apertura ad una nuova visione estetica della materia fotografica, mirata
Images of a Magic City. Ernst Haas agli esordi.
Un tempo fotografare a colori non era per niente figo. Chi decideva di affrontare un percorso fotografico che contemplasse una ricerca artistica ben definita aveva davanti a se un’unica soluzione, quella del bianco e nero, la vera chiave di volta per raccontare il mondo. Il colore era relegato alla…

Un unico obiettivo

Diffondere la cultura fotografica lontano dal brusio delle piattaforme moderne. Sostieni insieme a me il peso, e le spese, di questo compito.

Dona o Abbonati al Blog
Condividi