C'è un fenomeno sociale, che più di tutti, sembra crescere di anno in anno. Mentre il mondo si frantuma lentamente a causa di guerre, del cambiamento climatico e di malattie dalla provenienza sconosciuta, il turismo di massa si erge luminoso tra i detriti della contemporaneità, riuscendo sempre a riempire, con i suoi numeri da capogiro, e l'approvazione dei governi, le pagine dei giornali e i servizi dei TG.

Il turismo di massa è un evento oggi al centro di accese discussioni. In Italia, soprattutto, dove i turisti spendono volentieri gran parte delle loro vacanze estive, il fenomeno si è esteso fino all'inverosimile, mettendo in esposizione un modello economico che privilegia il turista venuto da lontano più che il cittadino residente.

Un tema importante, dalle mille sfumature, che ha trovato nel tempo un posto privilegiato nella fotografia di grandi autori come Martin Parr e Gianni Berengo Gardin, entrambi guidati dal desiderio di capire dove il turismo di massa si sarebbe spinto nella sua crescita, ma anche in quella di fotografi dell'anima contemporanea, nel pieno di un'evoluzione sociale ormai senza freni.

Nicolò Rinaldi, autore di Tourist Tsunami, fa parte di questa cerchia di nuovi fotografi interessati al tema. Ricalcando le orme dei suoi predecessori, Nicolò si è posto le stesse domande del passato, facendolo però in un momento storico molto particolare, e forse unico, per il genere umano: quello della pandemia da Covid-19.

Un progetto curiosissimo il suo, pieno di colore ed ironia, che ti spinge a sorridere delle eccentricità dei turisti di tutto il mondo (molto simili, seppur diversi) ma anche a confrontarti con lo specchio di una civiltà che ha perso di vista la bussola.

L'ho raggiunto così in videochiamata per farmi raccontare il suo progetto e se esistono, a parer suo, delle possibili cure al fenomeno del turismo di massa.

Intervista
Tourist Tsunami va dritto al punto: il turismo di massa, in alcune accezioni, è diventato un vero problema. Quando hai sentito che fosse il momento giusto di prendere un tema così complesso e farne un progetto a lungo termine?

L'idea del progetto arriva a seguito di una lunga riflessione affrontata durante il periodo della pandemia (2021). Ripescando alcune immagini nel mio archivio, mi sono accorto che non mi soddisfaceva più il mio modo di rapportarmi alla materia fotografica. Sentivo che gran parte di quello che avevo prodotto fino a quel momento fosse più che altro figlio dell'estetica, che della ricerca di un vero contenuto dietro. Mancava tutta una parte narrativa a me molto cara.

Sono così tornato a studiare, a rimettermi in discussione. Proprio durante le mie ricerche, ho scoperto Small Word di Martin Parr, e da lì mi si è aperto un mondo. Quello che ho visto nelle immagini di Martin era quello che mi capitava di avere sott'occhio ogni qualvolta che viaggiavo per lavoro o svago: file infinite di turisti e scene al limite del surreale. Mi si è accesa allora una lampadina, e mi sono chiesto: «quale sarà il volto del turismo di massa durante, e dopo, la pandemia?».

Senza volerlo, avevo individuato un tema molto interessante; dovevo solo capire come muovervi e come raccontarlo. Appena mi è stato possibile spostarmi con più libertà, non ci ho pensato due volte: ho preparato una mappa con tutte le possibili città turistiche più affollate in Italia - per poi ampliarle, successivamente, con altre al fuori dei confini del nostro paese - e dato inizio al progetto di Tourist Tsunami.

Quali sono state le prime mete?

Ho scelto quelle più iconiche, quelle in cui i turisti passano gran parte delle loro vacanze estive; nella fattispecie: Venezia, Firenze, Roma, Napoli, le Cinque Terre, Portofino e tante altre. Subito dopo la fine della pandemia, ho ampliato gli orizzonti, aggiungendo mete estere, come New York e Londra, al lavoro finale. Ancora oggi, in qualsiasi viaggio che affronto, per motivi personali o lavorativi, continuo ad aggiungerne delle ulteriori. Il progetto, per così dire, prosegue.

Immagine di © Nicolò Rinaldi
Che volto del turismo di massa hai trovato in quelle città?

Un volto molto variopinto, fatto di scene grottesche, inquinamento visivo e di situazioni che mi hanno fatto ragionare sulla gravità del fenomeno in questione.

Un fenomeno negativo, a parer tuo?

Mediamente si. Il turismo di massa non gode di buona reputazione. Lo si vede da come viene raccontato dai residenti delle principali mete turistiche. Molti di loro ne riconoscono i benefici - economicamente parlando - ma anche lo sfigurarsi di un impianto urbano e sociale sempre più prestato al consumismo e al capitalismo. In poche parole: c'è chi trova nel turismo di massa la salvezza dell'economia del proprio paese e chi ne farebbe volentieri a meno. In Tourist Tsunami ho così cercato di stabilire il giusto equilibrio tra le parti - positive e negative - proprio per permettere all'osservatore esterno di farsi un'idea personale del fenomeno senza costringerlo a narrazioni riduttivamente, e unilateralmente, troppo critiche.

Credi sia stata una scelta azzeccata?

Dal mio punto di vista si. Buttarla troppo sugli aspetti negativi del fenomeno non avrebbe avuto molto senso. Non perché non esistano, anzi, sono molto evidenti a tutti, ma perché avrei ricalcato un approccio ai temi sociali che poco ha a che fare con la mia fotografia. Credo che attraverso l'ironia si riesca a comunicare molto meglio un problema e a raccontarne, possibilmente, tutte le sue sfumature. È una cosa che ho appreso dai lavori di Martin Parr, in cui mi ritrovo molto, soprattutto nel modo che lui ha di affrontare la strada sempre in maniera cordiale e simpatica.

Immagine di © Nicolò Rinaldi
Il collegamento ai lavori di Martin Parr è innegabilmente molto forte; lo vedo sia nella scelta dei soggetti che nell'uso che fai del flash. La cosa che mi stupisce di più è vedere come il fenomeno 30 anni dopo abbia cambiato forme e dimensioni, ma non fattezze. Il turismo di Martin era un turismo diverso dal nostro, fatto di famiglie allargate, cartoline ed indicazioni date a voce. Quello di Tourist Tsunami è invece un turismo quasi individuale, legato agli smartphone e allo zaino sempre in spalla. Eppure, a guardar bene, alcuni vestiari e rituali, come la fotografia davanti al monumento, sembrano essere rimasti intatti nei decenni. La trovo una cosa parecchio indicativa, non trovi?

Dici bene. Il fenomeno ha cambiato forme, tempi e dimensioni. Tuttavia, per alcune peculiarità, è rimasto fermo agli anni in cui Martin Parr scattò le sue fotografie. Questo ci dice molto su cosa sia il turismo di massa e su come si sia sviluppato nei vari decenni. Ma sopratutto, ci dimostra come l'immaginario collettivo - quello tramandato dalle nostre famiglie e sui Social Networks - influenzi molto le nostre scelte e le azioni che compieremo in certi spazi turistici.

Proprio per questo, in Tourist Tsunami, ho sfruttato queste correlazioni per rendere il tema immediatamente fruibile al pubblico. Il reiterarsi di elementi e di rituali sociali, durante tutto lo svolgimento del progetto, mi è stato di grande aiuto nell'individuazione delle immagini finali e nelle situazioni, sul campo, più adatte al racconto del fenomeno. La scelta di inserire dei clichè, il flash diretto, i monumenti sullo sfondo e dei soggetti che mantenessero inalterata quell'estetica tipica del turista (trasandato e occhialuto) è stata fondamentale per la riuscita del lavoro.

Come hai realizzato le tue fotografie sul campo?

Dopo aver scelto le mete, mi sono subito fiondato nei luoghi principalmente frequentati dai turisti. Trovare dei soggetti adatti al progetto non è stato difficile. Nelle città d'arte erano soprattutto distribuiti nelle zone vicine ai monumenti e ai locali storici; in quelle di mare nelle spiagge più vicine agli hotel e ai B&B.

Individuati i soggetti giusti, cercavo di inserirmi nel loro gruppo facendomi passare come uno di loro [ride]. I momenti migliori per scattare una fotografia, erano quelli dei selfie (con pose quasi da stuntman) e delle soste dopo ore ed ore di camminata. Usando il flash, mi beccavano quasi sempre. Per fortuna è bastato, in tante situazioni, un sorriso o una parola amichevole per portare a casa l'immagine.

Avendo scelto una chiave ironica, mi costringevo a tenere sotto osservazione le scene il più possibile, in attesa della manifestazione di quel momento che meglio di tutti avrebbe soddisfatto le mie direttive. Ho assistito a scene, credimi, davvero bizzarre e grottesche. È incredibile vedere fino a che punto i turisti riescono a spingersi pur di scattarsi un selfie e condividerlo online. E questo in tutti i paesi.

Hai notato differenze sul tema da paese a paese?

Ti direi di no. Il turismo di massa sembra essere caratterizzato da elementi molti simili tra di loro, seppur, devo ammetterlo, con alcune eccezioni legate alle mete turistiche. Ad esempio, una cosa che mi ha fatto molto ridere e riflettere, è vedere come il turismo in Europa si concentri più sui monumenti e l'arte, al contrario di quello in America dove ci si scatta delle fotografie, e si fanno esperienze, che hanno più a che fare con il consumismo, l'esotico e i nuovi media che altro. Per dirti no, ricordo ancora molto bene quando cercai su internet 'le mete più iconiche della Pennsylvania'. Mi divertì molto leggere, tra quelle consigliate, il 'Museo del Big Mac': un ristorante con esposto un enorme panino in vetro resina. Null'altro. Fa sorridere pensare che entrambi i turismi siano due facce della stessa medaglia.

Immagine di © Nicolò Rinaldi
Il fenomeno da te raccontato sembra non volerne sapere di arrestarsi. In futuro, se i numeri continueranno a crescere, potrebbe diventare un grosso problema. Esiste quindi, a parer tuo, un modo per renderlo più sostenibile?

Probabilmente si. Anche se è molto difficile darti una risposta che possa soddisfare la morfologia e gli obiettivi economici di ogni città. Innegabilmente, già partire dalla ricerca di soluzioni che rispettino l'ambiente, i suoi abitanti e la storia dei siti culturali potrebbe essere una possibile cura contro la crescita sconsiderata del turismo di massa, spesso artefice, ahimè, di cattive conseguenze come la congestione stradale, l’inquinamento e l’aumento dei prezzi degli immobili. In più, ti direi, va cambiata la mentalità del turista. Anche lei fa parte del problema.

Il pubblico ha colto l'importanza del progetto?

Quando ho iniziato a pubblicare le prime immagini di Tourist Tsunami, ho assistito ad un calo importante delle interazioni sulla mia pagina Instagram. Il pubblico che mi ero costruito in passato era abituato a tutt'altre fotografie, molto più legate al lato commerciale che a quello narrativo. Probabilmente, vedere questo cambiamento repentino nel mio modo di fotografare, non gli era andato giù. Questa cosa, all'inizio, mi aveva spaventato. Per fortuna, andando avanti con la pubblicazione del resto del lavoro, molte persone hanno iniziato a rispondere positivamente agli stimoli lanciati da Tourist Tsunami. Me lo hanno dimostrato, ampiamente, con i loro commenti e, soprattutto, con l'acquisto del volume uno del progetto, andato in sold out. Insomma, lentamente, ma ci siamo arrivati.

La fotografia, quando vuole, riesce ancora ad essere un medium efficace

Si! La fotografia continua, e continuerà in futuro, a rendere chiaro un concetto o un problema spiattellandoteli davanti agli occhi. Rimane però fondamentale, nella comprensione di alcuni temi, che il lavoro dei fotografi venga accompagnato dal supporto di enti, associazioni, gallerie e riviste. Sennò si rischia di fotografare solo per i Social Networks e gli amici senza riuscire a gettare luce su situazioni che necessiterebbero ulteriori approfondimenti e uno spazio ideale per esperirli.

Cosa c'è dopo Tourist Tsunami?

Prima di chiudere il progetto, sto pensando ad un secondo volume. Voglio aggiungere tutto il materiale realizzato al di fuori dell'Italia. Credo sia estremamente interessante, proprio per quelle piccole variazioni sul tema di cui ti ho parlato prima. Per il resto, ho iniziato a gettare le basi per un nuovo progetto che parla del rapporto tra uomo e natura. Nel mio intento, c'è quello di documentare l'impatto che le strutture antropogeniche hanno sull'ambiente circostante (senza trascurarne la loro organizzazione urbana e la loro natura). Ho scattato ancora pochissimo, ma son sicuro che avrò davanti tanti anni di lavoro.

Chi è Nicolò Rinaldi?

Nicolò Rinaldi è un fotografo di Genova. È fondatore dello studio creativo Lucid Dreams. Realizza campagne ed editoriali fotografici per brand ed aziende; in contemporanea, usa la fotografia come strumento per indagare temi che vedono al centro l'uomo e la società odierna. Tra i suoi lavori recenti, Mondo Mondano e Anthropocene Scenes. Puoi trovare altro su di lui sul suo Sito Web o Profilo IG.

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