Avete mai provato quell'indescrivibile sensazione di déjà vu alla visione di una fotografia?
Mentre sfogliavo le meravigliose pagine di "Street Photography: a history in 100 iconic images" di David Gibson, mi sono imbattuto in questa struggente fotografia di Shomei Tomatsu.
L'immagine riprende uno studente in protesta durante una di quelle manifestazioni truculente che hanno accompagnato la quotidianità dei giapponesi, e del resto del mondo, durante gli anni '60.
Shomei, già reduce da lavori profondamente toccanti, vedi quello sul bombardamento nucleare di Nagasaki, ha voluto sintetizzare i suoi umori, e quelli di un'intera generazione, in una fotografia estremamente onirica ed astratta.
Sapete bene quanto adori la fotografia giapponese e qui non ho potuto non pensare immediatamente ai racconti di Murakami, nello specifico "Tutti i figli di Dio danzano", un racconto splendido che condensa perfettamente, in poche pagine, il desiderio di leggerezza insito in ogni essere umano.
Questa fotografia riesce ad elevare il concetto in una forma inenarrabile: un ragazzo, immerso in un ambiente caotico, irruente, vaga disperso in una selva oscura alla ricerca di un appiglio a cui aggrapparsi.
Un vortice lo trascina al centro dell'inquadratura in quella che sembra essere una battaglia millenaria tra luce ed ombra, tra libertà e catene. Eppure nulla sembra scalfirlo, lui continua a danzare, reagendo alle forze oppositrici.
Una fotografia che potremmo rileggere e raccontare in mille modi ed ognuno di questi avrebbe un suo significato, una sua bellezza intrinseca.
Si parte da un evento realmente esistente e lo si utilizza per fare da base a qualcosa di più longevo, personale. Va contro qualsiasi etica giornalistica, lo so, ma Shomei, in fondo, un giornalista non lo è mai stato.
Questa fotografia è una vera rivelazione, un perfetto esempio di cosa voglia dire esprimere un concetto e farlo senza tener conto di quelle rigide regole a cui siamo, ormai, fin troppo legati.
Chi è Shomei Tomatsu?
Shomei Tomatsu è un fotografo di origini giapponesi. È noto al grande pubblico soprattutto per aver raccontato la trasformazione del Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale e le manifestazioni studentesche degli anni '70. A rendere unico il suo stile sono un bianco e nero tagliente e le atmosfere surreali.