Non so te, ma gran parte del motivo per cui oggi realizzo fotografie e parlo, soprattutto, di fotografia online, è dovuto ad una certa infantile curiosità di capire come ci si sente a stare dall’altra parte dell’obiettivo fotografico, nella mente di chi, quelle fotografie, le concepisce e le porta a compimento.

Son sicuro, che molti lì fuori, la penseranno come me e avranno ben vivida in mente quella prima occasione in cui, stimolati da questo pensiero, hanno poggiato il loro occhio nel mirino di una macchina fotografica - magari la stessa di papà, quella delle vacanze - e scattato, estasiati, la loro prima fotografia.

Cosa c'era? E perché l'abbiamo realizzata? Poco importava a noi novellini. La magia di vedere come il mondo appariva attraverso un obiettivo bastava a ricompensare ampiamente qualsiasi sforzo, come anche a giustificarne la sua più che probabile bruttezza (era la prima, come si dice: errori di gioventù!).

A tal proposito, i grandi fotografi, si ricordano della loro prima fotografia?

Io credo di si, ne sono quasi certo; e che si fa fatica a pensarli imberbi ed inesperti, come noi, comuni mortali, mentre inciampano sull'acciottolato nello sforzo di inquadrare il loro soggetto. Li rende umani, fin troppo comuni: «Quella è una cosa da noi, fotografi senza capo né coda, e non roba da supereroi come loro».

Eppure, la prima fotografia, ci accomuna tutti. Anche i grandi fotografi hanno passato questa cerimonia per entrare nel circuito fotografico. La vera differenza con loro, se vogliamo, è stato il dopo, quello che li ha spinti a proseguire nel loro percorso rendendoli quelli che sono oggi: le loro motivazioni, la bravura e i valori personali.

Queste caratteristiche, spesso ignorate nelle biografie, ci vengono raccontate in un meraviglioso volume, dal nome “Dietro l’obiettivo. I grandi fotografi del nostro tempo”: una raccolta cartacea di super autori (sono 19 in totale) pubblicata da White Star e curata da Laura Magni, Marco Santini ed Elena Ceratti.

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Entro a contatto, la prima volta, con "Dietro l’obiettivo” a fine 2021, causa regalo di laurea. Il primo sfoglio è stato fatale. In copertina mi ritrovo questa schiera di volti conosciuti e sconosciuti che ingloba, a metà foglio, il titolo e il sottotitolo. La grafica riprende un provino a contatto, in cui i ritratti degli autori e delle autrici raccontate nel volume prendono il posto dei fotogrammi normalmente occupati da fotografie fuori fuoco, sbagliate o selezionate per lo sviluppo.

Mi son detto “ecco, un’altra raccolta sgangherata e sconnessa di grandi visioni e storie senza una linea editoriale”. I nomi, d’altronde, lasciano intendere falsamente questo. Ci sono, per citarne alcuni, Henri Cartier-Bresson, Margaret Bourke-White, Sebastiao Salgado, Elliot Erwitt e Dorathea Lange.

Basta sfogliare attentamente il volume per capire di aver preso una grande cantonata (l'ennesima della mia vita). Nel libro non c’è spazio per futili considerazioni trainate da quell'entusiasmo che spesso ammanta il racconto di questi grandi nomi sul web. Troviamo analisi dettagliate sulla vita, l'approccio alla fotografia e le immagini che li hanno resi famosi in tutto il mondo. In poche parole, l’alchimia che li lega profondamente alla loro macchina fotografica.

L’indirizzo editoriale è chiaro: si vuole parlare soprattutto di fotografia di reportage e di biografie importanti, mettendo di tanto in tanto lo zampino in campi contingenti a quello del fotogiornalismo, come la moda o il ritratto classico.

Laura Magni, che ha curato i testi, riesce a delineare perfettamente le principali caratteristiche che definiscono il linguaggio di tutti gli autori, accompagnandosi a fotografie e citazioni, che ci fanno entrare a fondo della loro poetica, e lasciandosi andare a volte a considerazioni di tipo personale: d’altronde, leggere la fotografia, è anche un atto di completa immersione in se stessi, un'analisi del mondo.

Il libro si avvale di una struttura lineare: biografia → immagini → curiosità.

Laura costruisce per noi un percorso comprensibile e, a sua detta, stimolante: «che crea disorientamento e insieme lo stesso piacere calamitante di chi segue un pifferaio magico». Basta guardare un racconto in particolare per capirlo.

Di David Seymour, Laura scrive: «Ha avuto la famiglia sterminata nei campi di concentramento. Straziato, ha continuato a fotografare: sempre attento al risvolto umano dei conflitti, ai frammenti di dolore, di smarrimento, di dignità e speranza difesa con le unghie e con i denti, leggibili nelle espressioni e nei gesti della gente».

Un faro acceso su quella che è l’esperienza di un autore poco conosciuto, partendo da un aneddoto estremamente personale per poi arrivare al succo del discorso.

di © David Seymour

Quello di Seymour è uno dei tanti esempi di come i grandi della fotografia siano arrivati a fare quello che fanno. Altri, citati nel libro, parlano di vie traverse e meno traumatiche, rispetto alla sua, seppur segnate da intenzioni e voleri simili.

Penso a Cecil Beaton, il fotografo della famiglia reale britannica, che diventa un fotografo per potersi esprimere liberamente, lontano dal mondo provinciale da cui proveniva, oppure di Abbas, che lo diventa per dare voce al proprio popolo. Insomma, a venire fuori, è una considerazione schiacciante:

Chi arriva a fare della fotografia il proprio mestiere è spinto da qualcosa di grande, che va oltre il proprio ego.

Si parla di questo, in fondo, dello stare in disparte, di immortale l’evento che si sta consumando davanti a noi mischiandolo, attentamente, con le giuste dosi, alla nostra personalità, alla storia dell’universo e ai nostri valori sociali.

Dietro l’obiettivo. I grandi fotografi del nostro tempo” ci racconta una favola fatta di sacrifici, intenti benevoli e di tanto, ma di tanto, spirito di avventura.

Ecco perché, questi grandi autori, hanno realizzato grandi fotografie e sono entrati alla storia. Il libro ce lo dice. Hanno avuto il fiuto, la preparazione culturale e la sensibilità di rendersi testimoni dello svolgersi e del consumarsi della storia umana. Ma soprattutto, sono rimasti coerenti alla loro visione ed etica personale.

Stare dietro l’obiettivo è lasciarsi andare totalmente al flusso del cose, guidati solamente dalla gravità delle scene inquadrate e mettendo da parte quell'ego che spesso ci porta a diventare protagonisti di momenti che non ci appartengono.

Un qualcosa che travalica il gesto di essere effettivamente, e fisicamente, alle spalle di uno strumento ottico, per aprire le porte ad una considerazione che ci fa ragionare, a fondo, su cosa voglia dire essere un fotografo nel XX Secolo.

Solo così, allude Laura Magni, si può ambire a diventare dei bravi fotografi: i migliori che la nostra esistenza abbia mai potuto concepire e raccontare.

Sarà mica vero? Io, dopo averlo sfogliato, ho iniziato a crederlo di più.

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